A 78 anni esatti dal tragico evento, ricordiamo una delle tragedie più grandi della Storia d'Italia. L'affondamento della Regia Nave "Roma", il 9 settembre 1943.
Riporto qui quanto scritto da mio figlio Francesco Carlo nella sua tesina di scuola media (col suo consenso).
Buona lettura.
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ai 1393 caduti dell’affondamento della “Roma” ed ai 628 superstiti, tra i quali il mio bisnonno, Francesco Castiglione
INTRODUZIONE
La sera dell’8 settembre 1943 venne annunciata alla radio dal Capo del Governo, Generale Badoglio, la firma dell’Armistizio di Cassibile (SR) con cui l’Italia si arrendeva alle forze Anglo-Americane. Le Forze Armate si impegnavano ad usare le armi solo se attaccate.
Poche ore dopo si scatenò la rappresaglia tedesca contro gli Italiani.
Gran parte della Flotta Navale, una quindicina di unità, di stanza a La Spezia, di notte salpò, diretta verso Sud, per far attraccare le navi in un porto indicato dagli Anglo-Americani. A capo della flotta c’era l’ammiraglio di divisione Carlo Bergamini, Capo delle Forze Navali da Battaglia della Regia Marina, che prese posto nella “plancia ammiraglio” della Regia Nave Roma[1], la nave ammiraglia della flotta.
La Regia Nave Roma non arrivò mai a destinazione. All’altezza delle Bocche di Bonifacio, tra Corsica e Sardegna, la flotta venne attaccata dai Tedeschi, e la “Roma” venne colpita da una bomba, che causò una tremenda deflagrazione che spaccò in due la nave. In pochi minuti la “Roma” affondò. Fu una delle più grandi tragedie della storia della Marina Italiana. 1393 membri dell’equipaggio, tra cui l’Ammiraglio Bergamini ed il Comandante della “Roma”, il Capitano di Vascello Adone Del Cima, morirono, e 628 si salvarono.
Questa è la ricostruzione dettagliata degli eventi che vanno dall’annuncio dell’armistizio di Cassibile, che venne annunciato agli Americani dal Presidente Roosevelt.
L’ANTEFATTO: “IL PROCLAMA BADOGLIO”
«Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.
Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.»[2]
Con queste parole il Generale Pietro Badoglio, Capo del Governo da poco più di un mese, annunciò la resa dell’Italia alle forze Anglo-Americane e l’armistizio di Cassibile.
L’annuncio di Badoglio venne accolto dalla popolazione con gioia, perché si pensava che la guerra fosse finita.
In realtà questo fu l’inizio di una serie di eventi tragici per le Forze Armate, che si trovarono, dopo la fuga del Re Vittorio Emanuele III dalla città di Roma assediata dai Tedeschi, senza una linea di comando, sotto i colpi della reazione delle forze armate naziste.
L’affondamento della Regia Nave Roma e l’eccidio di Cefalonia furono gli eventi più tragici di questo periodo.
L’8 SETTEMBRE
L’8 settembre 1943 nel porto di La Spezia erano presenti le migliori unità della Flotta Italiana, comprese le tre corazzate della classe “Littorio”: “Vittorio Veneto”, “Italia” e “Roma”.
Il Comandante in Capo delle Forze Navali di Battaglia, Carlo Bergamini, rientrò da Roma, dove aveva partecipato a varie riunioni con i vertici militari italiani.
Gli Anglo-Americani avanzavano nella conquista del Sud Italia, ed erano pronti a sbarcare a Salerno con la flotta.
Bergamini, in queste riunioni, aveva avuto l’ordine di contrastare l’attacco alleato.
Incredibilmente, ne’ Bergamini, ne’ Raffaele de Courten, suo superiore, Ministro e Capo di Stato Maggiore della Marina, erano al corrente del fatto che l’armistizio era già stato firmato con il Generale Dwight Eisenhower, Capo delle Forze Alleate nel Mediterraneo, ben cinque giorni prima, il 3 settembre.
Bergamini era consapevole che la sfida contro le forze navali Anglo-Americane fosse un’impresa disperata; tuttavia rassicurò De Courten che gli uomini erano pronti a combattere fino alla fine per infliggere al nemico gravi perdite.
Il Re ed il Capo del Governo avevano chiesto agli Anglo-Americani di attendere qualche giorno prima di annunciare l’armistizio.
De Courten, nell’incertezza di quei giorni, decise autonomamente di annullare la missione a Salerno e di spostare tutta la flotta all’isola della Maddalena, in Sardegna, ed eventualmente predisporne l’auto-affondamento.
Alle 18:00 il Re convocò i Capi di Stato Maggiore e comunicò loro che l’armistizio era già stato firmato.
Alle 18:30 Eisenhower diede la notizia dell’armistizio su Radio Algeri.
Alle 19:45 venne diffuso a tutti gli Italiani il proclama Badoglio.
Bergamini aveva già saputo dell’armistizio dal discorso di Eisenhower. Dalle 20:30 alle 21:00 ci fu un duro confronto tra Bergamini e de Courten, in cui Bergamini chiese di essere sollevato dal suo incarico, interpretando il fatto di non essere stato informato come mancanza di fiducia nei propri confronti.
De Courten convinse Bergamini a rimanere in carica, per il bene della Patria.
Alle 22:00 Bergamini convocò gli Ufficiali di Stato Maggiore, ordinò di far sbarcare tutti i Tedeschi dalle navi, e chiese ai propri ufficiali il sacrificio dell’obbedienza.
IL 9 SETTEMBRE
Alle 2:30 la flotta uscì da La Spezia e fece rotta verso Capo Corsica. La flotta era composta da unità di naviglio leggero e dalle navi che scortavano le tre corazzate, l’Italia, la Vittorio Veneto e la Roma.
Occorre sottolineare la totale disorganizzazione e la mancanza di una linea di comando italiano all’indomani dell’armistizio.
Bergamini sapeva che doveva far salpare la flotta per condurla verso la Maddalena, ed eventualmente predisporre l’auto-affondamento. Non sapeva però che aveva violato due clausole dell’armistizio. La prima, che non avrebbe dovuto portare le navi in un porto italiano, ma in un porto indicato dagli Anglo-Americani; la seconda, che avrebbe dovuto far issare nel pennone di tutte le navi il segnale di resa della flotta, un pennello nero, e che ciascuna nave avesse dipinti sulla tolda due grossi cerchi neri, segno, appunto, di resa, facilmente individuabile dagli aerei.
Alle 6:15 si unirono alla flotta tre incrociatori provenienti da Genova, e la navigazione proseguì a Ponente della Corsica.
Bisogna precisare che per un militare sarebbe stato un disonore consegnare le navi al nemico, che comunque, in quel momento, era un invasore. Meglio sarebbe stato morire combattendo, o autoaffondare la flotta. Di questo erano ben consapevoli anche gli Anglo-Americani.
Alle ore 8:40 si unirono alla flotta quattro torpediniere.
Alle 9:00 la flotta si diresse verso Sud e diminuì la velocità.
Alle 9:41 le navi vennero avvistate da un ricognitore tedesco.
Alle 10:30 vi fu un avvistamento di un aereo tedesco e scattò l’allarme. Vennero richiesti aerei di supporto difensivo, ma solo quattro erano a disposizione; a questi non venne comunicato che la flotta stava attraversando la Corsica da Ponente. Di conseguenza, gli aerei perlustrarono la zona tra Corsica e Toscana e non intervennero a difesa della flotta.
Alle 10:56 venne avvistato un aereo inglese. Alcune unità della flotta istintivamente aprirono il fuoco.
Alle 11:00 Bergamini ordinò "Non dico non fate fuoco contro velivoli riconosciuti Inglesi o Americani".
Alle 12:15 la formazione virò di 45 gradi verso est e fece rotta verso le Bocche di Bonifacio.
Nel frattempo il Re fuggì, si imbarcò a Pescara in una nave diretta a Brindisi. Le milizie tedesche cinsero d’assedio la città di Roma. Le forze armate di terra erano nel caos più totale, più della Marina. Non avendo ne’ ordini ne’ comandanti, ovunque le milizie italiane si preparavano ad essere sopraffatte dai Tedeschi. Si creavano le basi per tragedie immani, come quella dell’isola di Cefalonia, dove migliaia di soldati italiani vennero torturati ed uccisi dalla vendetta tedesca.
Alle 13:00, mentre Bergamini faceva rotta con tutta la flotta verso la Maddalena, quest’ultima venne occupata dai Tedeschi. Bergamini ricevette il messaggio solo alle 14:24.
Il messaggio da Supermarina al Comandante delle Forze Navali di Battaglia fu urgentissimo: “Ordine di invertire la rotta e di puntare su Bona dalle 13:45” Bergamini ricevette finalmente l’ordine di portare le navi in un porto indicato dagli Anglo-Americani, a Bona, in Algeria, secondo le clausole dell’Armistizio di Cassibile.
La flotta dovette fare inversione di 180 gradi e dirigersi verso Bona passando da Punta Scorno. La Roma fu affondata a 18 miglia da Punta Scorno. Alle 14:50 i Tedeschi avevano dato ordine d’attaccare la flotta italiana.
Mappa del tragitto della Flotta italiana, 9 settembre 1943
Per la prima volta avrebbero utilizzato la FV1400, cosiddetta “Fritz”, una bomba radiotelecomandata. Questo particolare è fondamentale perché spiega il mancato uso della contraerea italiana. I militari italiani avevano valutato che non sarebbero stati attaccati perché gli aerei tedeschi passavano troppo verticalmente rispetto alla traiettoria di una bomba in caduta libera.
Alle 15:15 fu avvistata una formazione di aerei tedeschi e suonò l’allarme.
Alle 15:40 circa cominciò l’attacco.
Alle 15:47 la “Roma” venne colpita tra i due complessi da 90 mm. La bomba trapassò lo scafo ed esplose in mare. Alle 15:52 una seconda bomba colpì la nave vicino al torrione di comando, perforò il ponte corazzato e scoppiò nel locale motrice di prua. La torre numero 2 venne sbalzata e buttata in mare. In quell’istante morirono Bergamini, Del Cima e gli Ufficiali di Stato Maggiore. Le fiamme raggiunsero il deposito di munizioni facendo saltare la santabarbara. Si formò una colonna di fumo e fiamme alta circa 1500 metri.
Disegno copia di una famosa foto raffigurante gli ultimi istanti della "Roma"
La Roma, in pochi istanti, sbandò vistosamente, si capovolse, e per effetto del calore sviluppato al centro, si spezzò in due tronconi, affondando in pochi minuti. Morirono in 1393, 628 si salvarono e vennero recuperati dalle navi vicine e portati in Spagna, a Port Mahon, nelle Isole Baleari. Il resto della flotta si diresse verso Bona. Il comando venne preso dall’ammiraglio Oliva, nell’incrociatore “Eugenio di Savoia”.
IL 10 SETTEMBRE
Alle 4:49, dal comando di Supermarina, viene inviato a tutti il seguente messaggio:
“Appena possibile e prima entrare in porto comunicate ad equipaggi ordine S.M. il Rè (alt) eseguire lealmente clausole armistizio che escludono cessioni in navi a stranieri e contemplano sua vigilanza a bordo (alt) Con leale esecuzioni ordine Marina renderà Paese altissimo servizio (alt) Mantenere contegno dignitoso e riservato nella sventura (alt) dirigiamo su Bona (alt) Siano dipinti cerchi distintivo neutrale sui ponti (alt) Alzare grande pennello nero at incontro con navi Anglosassoni.”
APPENDICE: LETTERA DI ADONE DEL CIMA ALLA MADRE
Consapevole della probabile morte imminente, Adone Del Cima, Capitano di Vascello e Comandante della Regia Nave Roma, scrisse poche ore prima dell'affondamento della nave, questa toccante lettera alla madre:
Bordo Roma 8 settembre 1943.
Mia Mamma adorata, se giungendovi questo mio scritto qualche cosa mi fosse accaduto, pensate che il mio ultimo pensiero è stato per la mia Patria e per voi che ho adorato più di me stesso. La storia giudicherà gli avvenimenti e comprenderà le nostre sorti. Baciatemi tutti ed in particolare Romana e Violetta che tanto ho in mente. Con la mia Marina cui tutte le energie ho donato. Alle care sorelle ed a voi lascio quel poco che posseggo sotto la guida dei cari Tonino e Gino. Perdonatemi e beneditemi. Vi abbraccio e bacio con infinita dolcezza. Adone.