Come valutare l'operato di Marchionne?
C'è stato un periodo in cui la vulgata (soprattutto di sinistra, come al solito) lo dipingeva come un mostro, affamatore degli operai, per quel referndum che ha fatto a Pomigliano, oggettivamente, in cui i lavoratori potevano liberamente scegliere con una pistola puntata alla tempia.
Detto questo, se rivediamo un po' la storia di Marchionne, ha preso un'azienda che era praticamente in bancarotta, e l'ha portata alla conquista del mercato americano, mettendola nelle condizioni di essere un "global competitor", cosa assolutamente indispensabile per la sopravvivenza. Quindi, esiste in Italia un'azienda che si pone nel mondo come uno dei soggetti dei quali aver rispetto. E questo va totalmente ascritto a merito di Marchionne.
E quindi arrivano le domande dei becchini italiani, Susanna Camusso in testa: "speriamo che questa acquisizione non sia fatta a danno degli stabilimenti italiani e dei lavoratori". Ed a seguire l'altra domanda "La FIAT rimane Italiana?".
Urgono alcune considerazioni, in quanto quello che sto sentendo a proposito della FIAT ha molte analogie con il settore che meglio conosco, e che avrebbe bisogno come il pane, in Italia, di un Marchionne.
1) A chi vengono fatte queste domande? "Speriamo che...." e "La FIAT rimane Italiana?". Spero che qualcuno non si illuda che vadano fatte a Marchionne. Se io ho la responsabilità di un gruppo che sta in Italia e negli Stati Uniti, devo favorire l'Italia, o gli Stati Uniti? La risposta è banale: devo favorire il mio gruppo. Laddove ci sono le condizioni migliori io favorisco. Certo, se Obama torna a dare 700 miliardi per il settore auto mentre Letta deve fare l'equilibrista tra il giovanotto arrembante ed il Bruto di Agrigento... beh, non è che io sfavorisco l'Italia, è l'Italia che se ne frega di me.
2)"La FIAT rimane Italiana?" è una domanda che ha poco senso, se per "italiana" si intende un'azienda che opera in un mercato nullo, in recessione continua. Perché mai dovrebbe essere italiana, quando può essere globale? L'Italia non deve essere un valore assoluto, ma relativo. Un'azienda globale compete in un mercato globale con le armi che ha in tutto il mondo. ANCHE IN ITALIA. Se l'Italia è un'arma viva, credo che Marchionne sarà felice di valorizzarla. Se l'Italia è, come si è dimostrata negli ultimi anni, un ferrovecchio, soffocata da una politica inconcludente e che gira a vuoto, una giustizia lenta e lutulenta, una burocrazia asfissiante (quello che mi è capitato dell'ICI 2008 è un piccolissimo ma indicativo esempio), beh, se l'Italia è tutto questo, non sarà Marchionne a delocalizzare. Sarà l'Italia stessa a segare il ramo su cui è seduta.
3)Quando Obama dà 700 miliardi al settore auto dice una cosa ben precisa: Io, USA, non posso permettere che un settore così strategico vada in fallimento nella MIA PRODUZIONE INTERNA. Si chiama STRATEGIA INDUSTRIALE. Dov'è questa in Italia? Ancora una volta, se dopo Termini Imerese, chiudessero Pomigliano D'Arco, ed infine Mirafiori, la colpa sarebbe di Marchionne, o di chi non mette i propri lavoratori nelle condizioni di competere con gli stranieri, di dir loro "IO, STATO, dico che per me sei strategico"?
Io credo che solo un cretino potrebbe volere smantellare la produzione FIAT in Italia se non ci sono motivi. Ma ci vuole cretinaggine anche a tenerla in condizioni assurde, di mancanza di competitività con gli altri. Si può favorire l'Italia, ma non fino al punto di fare un danno a FIAT.
Tutto ciò che dico, almeno per FIAT, è una battaglia dura, ma ancora fattibile in Italia, ed era un'azienda al limite del fallimento. Grazie a Marchionne. Speranza che, invece, non vedo nel mio settore della microelettronica, dove la guerra sembra persa definitivamente. Da almeno 10 anni, senza che la politica abbia mai mosso un dito in senso contrario.
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