Esattamente 9 mesi fa, il 20 gennaio 2014, si svolgeva al MISE (Ministero Italiano per lo Sviluppo Economico) una riunione che avrebbe cambiato la vita a 1028 lavoratori della Micron, sparsi in 5 siti italiani (Agrate, Arzano, Avezzano, Catania, Padova). Dovrei dire a 419 su 1028, tanti siamo stati dichiarati esuberi dalla Micron. Ma sono sicuro che anche gli altri, coloro che non sono stati impattati, hanno vissuto una situazione terribile. Gli Americani di Boise (Idaho), headquarter di Micron, non ci sono andati per il sottile, e devo dire che con una chiarezza disarmante hanno messo nero su bianco quello che sui telegiornali viene ripetuto più volte: le multinazionali delocalizzano, e l'Italia fa sempre la parte della preda, mai del predatore. E' un flusso di lavoro inarrestabile che da noi si sposta verso altri lidi. Tendenzialmente, estremo oriente. Singapore e Cina.
Solo un fesso potrebbe illudersi che, almeno limitatamente alla microelettronica, il problema è di costo del lavoro. Non è così. Un ingegnere di Singapore praticamente guadagna quanto guadagnamo noi in Italia, e la mancanza di tutele degli operai di Singapore è un problema minimo per un'azienda come la Micron.
Facciamo un po' di conti alla mano, in maniera molto grossolana, per renderci conto degli ordini di grandezza.
Ragioniamo per eccesso. Supponiamo che un operaio costi all'anno circa 50.000 $. In una fabbrica di 2.000 operai il costo del lavoro annuo è circa 100 milioni di dollari. Una macchina di litografia avanzata (una scanner ad immersione) costa circa la stessa cifra. 100 milioni di dollari. Nella fabbrica in cui lavorano questi duemila operai di macchine di litografia avanzata ce ne sono almeno una decina. Più ci sono tante altre decine di attrezzature, non così costose, ma che vanno tutte oltre il milione di dollari ciascuna. Parliamo di macchine di attacco, di crescita epitassiale, di impiantazione, di forni... Ovviamente non vado nei dettagli, perché il tutto dipende dalle fabbriche e da cosa si produce. Però spero di aver fatto capire che, in una fabbrica avanzata di semiconduttori (memorie, processori ecc...) il costo del lavoro pesa per meno, per molto meno, del 10% dell'investimento. Di conseguenza, non è perché costiamo tanto, in Italia, che la Micron ha deciso di ridurre drasticamente la forza lavoro Italiana, che non produce per Micron. Un'affermazione del genere dovrebbe far preoccupare un politico serio, in Italia. Se c'è qualche politico serio che casualmente legge quanto scritto, si faccia questa domanda:
POSTO CHE NON E' IL COSTO DEL LAVORO il problema principale per cui un'azienda che fattura più di 10 Miliardi di dollari decide di darsela a gambe levate dall'Italia, COSA RENDE L'ITALIA COSI' "NON BUSINESS FRIENDLY"?
PERCHE' QUESTI DI MICRON HANNO DISINVESTITO COSI' PESANTEMENTE?
Breve inciso, lo chiedo a chiunque mi possa dare una risposta, a chiunque, tra le RSU, abbia partecipato alle riunioni al MISE: il Funzionario che ha seguito la vicenda, ha fatto questa domanda ai dirigenti aziendali? "Perché ve ne state andando?" Se io avessi un incarico al MISE, e se MISE non è l'acronimo di "Ministero Italiano Smistamento Esuberi", questa domanda dovrebbe essere il leit-motiv di tutta la mia attività. Coloro che si siedono a Roma facendo incontrare azienda e sindacati, fanno qualcosa al di là dei curatori fallimentari?
Il Ministero Italiano dello sviluppo economico ha il DOVERE di richiedere spiegazioni, ricevere delle risposte che siano quanto più franche possibili, ed attivarsi perché una cosa del genere non succeda più. Fosse una cosa trattata seriamente, lo "sviluppo economico"...
(...continua...)
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