Ecco un confronto tra due grandi esecutori: il primo è Helmut Walcha (1907-1991).
Il secondo è Ton Koopman (1944-vivente)
Le due interpretazioni sono enormemente diverse. Ovviamente non entro nel merito della tecnica perché non sono in grado di giudicare, ma entro nel merito del risultato finale, da ascoltatore. E devo dire che per me non c'è storia, a favore di Walcha. Mi sorprende in negativo Ton Koopman. Epigono del "filone filologico", nefasta corrente che ha distrutto nei passati decenni le interpretazioni classiche di Bach, dovrebbe avere nella chiarezza delle parti uno dei punti di forza. Sinceramente io non ci capisco nulla. Non sento l'inserimento del tema della fuga nei vari momenti. O quanto meno, non lo sento con la nettezza che richiederebbe, e che è essenziale in una fuga. Credo che molto faccia la scelta delle voci dell'organo (molto più ridondante, con molti più armonici in quella di Koopman, molto più lineare ed asciutta quella di Walcha). Difficile pensare che sia la bontà della registrazione, date le epoche diverse. Anche questa dovrebbe essere a favore di Koopman.
Ricordo una volta una discussione interessante con un ricercatore di fisica, appassionato filologo e musicista, il quale paragonò le esecuzioni classiche (per intenderci: Walcha, Richter) ad un giardino inglese curatissimo, mentre le esecuzioni filologiche erano più una "foresta tropicale", dove spuntano piante sorprendenti dappertutto. Capii perfettamente cosa voleva dire. I filologi hanno certamente dato una sferzata a certe esecuzioni classiche di Bach in cui orchestra e cori andavano un po' per i fatti loro. Il rigore dei tempi, degli inserimenti delle parti, e della nitidezza hanno avuto un salto di qualità con gente come Harnoncourt, Leonhardt, e, straordinario con il suo Bach Collegium Japan, Maasaki Suzuki. Ma tornando a questa interpretazione, se sono in una foresta tropicale, a me piace essere sorpreso da piante colorate di ogni genere, non trovarmi invischiato in cespugli e sabbie mobili, come in questo caso, in cui ad un certo punto arriva la fine, quasi senza che ce ne accorgiamo. E questo è tipico di Koopman (si ascolti la Passacaglia e fuga BWV 582, la fine della Passacaglia e l'inserimento della Fuga). Ovviamente, scelta interpretativa ben precisa, che non mi trova per nulla d'accordo, togliendo ogni tensione al pezzo ed appiattendo tutto il fraseggio.
Curiosità su Walcha, era praticamente cieco fin da ragazzino. Il che non deve influenzare il giudizio sulle sue esecuzioni, ma certo impressiona.
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