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Friday, October 31, 2014

Stabilità del posto di lavoro: un obiettivo da raggiungere.

Parto da questa immagine che ho visto su facebook:


"tristemente strepitosa", definita dall'amico Marco Marchi.Concordo.


E' chiaro che la ricerca della stabilità del lavoro deve essere un obiettivo primario per una società che voglia dirsi "civile". Ed ovviamente non si può definire "stabile" un lavoro che impegni 12 ore al giorno per 7 giorni su 7.

Nel momento in cui non si discutono più le regole del libero mercato (quando ci renderemo conto che andranno ridiscusse?), si è affermata letteralmente una dittatura del capitalismo, senza che vi siano contrappesi credibili, dopo il crollo dei regimi comunisti.

Inoltre, la globalizzazione, e lo sciagurato inserimento della Cina nel WTO ha creato un devastante sistema di vasi comunicanti per cui è evidente che chi ha di più o cede diritti fin quando le cose si bilanciano, oppure è destinato a due cose alternative:

1)Una brutta fine
2)Cercare strade alternative (leggi: pesanti investimenti in R&D ed eccellenze presenti nel paese).

L'Italia avrebbe (avrebbe ancora? avrebbe avuto? boh...) l'opportunità di percorrere la strada 2, ma l'immobilismo di tutta la sua società (non accuso solo la politica, la politica è lo specchio della nostra società) la fa temporeggiare da decenni. E se si temporeggia, non è che si oscilla tra 1) e 2), si va verso la brutta fine, perché se non c'è ricerca, si deve competere sulla produzione, e sulla produzione sappiamo benissimo che c'è chi, in maniera più o meno lecita, ci massacra.

Il risultato netto di questi vasi comunicanti è sotto gli occhi di tutti: una perdita secca di "QUANTITA' DI LAVORO" disponibile in Italia. Nessuno sembra saper fronteggiare questo trend devastante. Ne' il governo, che (di qualsiasi colore esso sia) non vuole fare scelte di campo su settori specifici e su quelli investire; ne' la classe dirigente, che sembra focalizzata più a puntellare l'esistente piuttosto che "fiutare" nuove possibilità. E neanche le classi più basse, lavoratori e sindacati, che sembrano bloccate a difendere dei principi indifendibili. Non perché non siano giusti, ma perché inattuabili e, di fatto, dannosi.

Forse sarebbe il caso di non attaccarsi a principi ed articoli di legge che vincolano eccessivamente. Forse sarebbe il caso di intervenire sulle basi stesse del contratto di lavoro. Il contratto di lavoro è per forza di cose sbilanciatissimo e per nulla simmetrico. Non è un matrimonio, in cui due persone decidono ALLA PARI di legarsi. Non è una scommessa tra due amici, e non è neanche il rapporto tra un padre ed un figlio, in cui la parte più forte è quella che è anche pronta a morire perché comunque la parte più debole non venga danneggiata. Qui c'è uno sbilanciamento in cui la parte più forte è anche quella che a tutti i costi deve sopravvivere, sacrificando la parte più debole.

Ora questo è il dato di fatto: c'è un datore di lavoro che firma dicendo "ho la buona volontà di mettere dei soldi su di te perché sono convinto che tu mi ridarai tanti soldi in più". Il lavoratore firma invece una FIDUCIA IN BIANCO, nel frattempo promettendo castità extraconiugale. E' un matrimonio sbilanciato. Ciò che bisogna cercare è, in maniera intelligente, di BILANCIARE queste situazioni iniziali.

In Italia lo si è fatto con un Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori (CCNL) che è un libretto di 150-200 pagine in cui si dettagliano i diritti e i doveri di lavoratori. Questo CCNL non è la soluzione al problema. Non si bilancia un rapporto fissando le tutele, e purtroppo neanche con visioni "di principio", che pur essendo sacrosante, di fatto strozzano il lavoratore, perché il coltello dalla parte del manico è sempre dalla parte del datore di lavoro. Sono altri i modi: in ordine di importanza (ma anche in ordine inverso di fattibilità):

1)Creare una "fair competition" nel mondo. Questa la si fa livellando (ovviamente non verso il basso) i diritti dei lavoratori. Fino a quando ci sono situazioni come Foxcomm, abbiamo voglia che Apple venga ad investire in Italia. Possiamo dormire incubi tranquilli, Apple non verrà mai in Italia. Quindi, occorre convincere i Paesi in cui le tutele sono pressoché nulle a mettere dei "guardband", dei livelli di guardia minimi al di sotto dei quali non si scenda. Questa sarebbe la soluzione vera. Chi ci va in Cina a parlare di Articolo 18?

2)Almeno in Europa, unformare le condizioni lavorative, attraverso un processo di benchmark ed onesto "best-in-practice": chi è il più bravo nel cuneo fiscale? chi è il più bravo nel bilanciamento diritti-doveri? ecc...ecc... Insomma, non sarebbe male che ci fosse un CCEL, e forse i ministri del lavoro potrebbero cominciare a lavorarci su. Questo, se esistesse veramente l'Europa.

Ma questi primi due punti sono un po' un "wishful thinking"... non è roba dietro l'angolo, soprattutto il punto primo. Invece, ciò che va rafforzato, firmando un contratto di lavoro, sono gli INTERESSI RECIPROCI, di lavoratore ed azienda. In Italia, questa roba è acqua fresca: un po' di Stock Options ai dipendenti, elargite come manna dal cielo, (tra l'altro, esercitabili in un periodo limitato di tempo) e così si creerebbe la loyalty del dipendente. Balle. Col botto. E rimane pressoché nulla la loyalty delľazienda verso il dipendente. Di fatto, ľazienda è legata a tenere il dipendente solo dalla legge, che peraltro può essere bypassata.

A me convince molto di più un sindacato che diventa azionista dell'azienda, in modo PESANTE, e che partecipi massivamente alle sorti dell'azienda. E' chiaro che il lavoratore, da solo, non può "ricattare" l'azienda "se mi licenzi io ti combino questo", dal punto di vista economico. E' chiaro che è una formichina che vuole strozzare l'elefante. Ma l'unione dei lavoratori può iniziare ad avere SIGNIFICATIVI PUNTI PERCENTUALI all'interno dell'azienda. A quel punto, è interesse dell'azienda CURARSI i rapporti con i lavoratori (al di là degli aspetti tecnici manager-dipendente); d'altra parte, i sindacati devono VIGILARE sui lavoratori, che non siano dei fanfaroni fannulloni ciarlatani, e mettano le mani sempre sui problemi. A quel punto, non deve essere l'azienda a licenziare i lavoratori, ma il sindacato stesso che acchiappa uno dei suoi e gli dice "amico, a che gioco stai giocando?".

Solo così, creando una forza REALE  e non sulla carta, da parte dei lavoratori, si può parzialmente controbilanciare il rapporto di dipendenza. Devono essere soldi. E devono essere tutele crescenti. Tu entri, sapendo benissimo che in caso di crisi sei il primo a saltare. Se sei in gamba, vieni premiato rafforzando la tua posizione alľinterno delľazienda. Questo eviterebbe che ONESTI LAVORATORI, non eccellenze, termine usato e di cui si abusa, si ritrovino a 45 50 anni senza sapere che fare, sbattuti fuori da aziende senza scrupoli.
Inoltre, visto quello che abbiamo passato noi di Micron, un'azienda che si comporta come Micron dovrebbe pagare pesantissime penali, per licenziare in tempi di fatturati record. Se sei in crisi, ti capisco, ma se scoppi di salute e licenzi, allora paghi amaramente. Abbiamo un articolo 18, ma non abbiamo una legge di questo genere e per arrivare alle 28 mensilità ci sono volute estenuanti trattative dei Sindacati Nazionali. Quando almeno 48 mensilità di penale sarebbero il minimo, in condizioni di utili netti. La semplicità con cui Micron ha fatto fuori i suoi lavoratori non dovrebbe essere permessa, laddove invece una maggiore flessibilità in tempo di crisi sarebbe un aiuto.

Insomma il rapporto di lavoro non può essere "Mi convinci, ti prendo per la vita", ma più uno "scommettiamo che noi due andiamo ďaccordo? ". E la quota della scommessa, che può essere 1:1 alľinizio, per un giovane, deve diventare 1:5,1:10 per un quarantenne cinquantenne che ha sempre lavorato bene. In tal modo, un neo-assunto 25enne che perde il posto di lavoro non è un dramma, e le tutele vengono giustamente spostate verso i più anziani, che sono anche i meno appetibili. Per inciso, è quello che avviene in tutte le aziende piccole, che funzionano bene.

In definitiva, non principi che possono essere saltati a piè pari, ma interessi comuni MONETIZZABILI, e tutele crescenti, sulla base della prestazione continuativa e di buon livello. E' molto simile a quello che ho sentito dire in Germania ("Mitbestimmung" - Cogestione). Occorre quindi rivoluzionare il concetto di sindacato, ma per questo occorre più maturità da parte dei lavoratori, ed anche delle aziende.

Insomma, la soluzione al problema occupazionale non è bloccare le tutele, ma accrescere le responsabilità reciproche delle parti in gioco. Azienda e lavoratori. Un'azienda non si può comportare in modo irresponsabile, come ha fatto Micron e come sta facendo la Thyssen a Terni, QUESTO DOVREBBE PREVEDERE UN CONTRATTO SERIO, NON L'ART. 18; d'altra parte, il lavoratore deve essere più partecipe delle sorti dell'azienda. Senza questa COMUNANZA DI INTERESSI, abbiamo voglia di parlare di Art. 18, di tutele dei lavoratori... l'azienda farà quello che vuole, può anche (COME CERTAMENTE VIENE FATTO) dichiarare più esuberi del necessario, sfruttando la differenza come "buona volontà di venire incontro". A me, questa presa per i fondelli, non piace per nulla.

Quousque tandem?

Wednesday, October 29, 2014

Sulle trattative sindacali.

Un paio di giorni fa ho messo su facebook un post in cui mi dichiaravo totalmente d'accordo con Matteo Renzi sul fatto che il sindacato non ha il diritto a trattare col governo.
Confermo appieno il mio parere totalmente favorevole a Renzi: ciò che ha detto non fa una grinza in linea di principio. Si ascoltano tutti, ma non si tratta con nessuno, SE NON COL PARLAMENTO, che sta al di sopra del governo e ne decide le sorti.
Questo dice la nostra costituzione, e questo Renzi ha affermato, lasciando di sasso la triplice sindacale, che, nella persona di Susanna Camusso, si è dichiarata sconcertata dell'atteggiamento del governo. Ma se il sindacato può mettere il becco nelle decisioni, così dovrebbe poter fare confindustria, così dovrebbe fare confcommercio. Un'altra cosa. Sarò grato a chi mi spiega il perché i sindacati sono CGIL, CISL e UIL, e la UGL, ad esempio, non ha diritto a stare in quel tavolo. Ora, quest'ultima, è una domanda di principio che mi ha sempre lasciato perplesso. Ma per fortuna il "drizzone" dato da Renzi ha retrocesso la mia domanda da una questione di principio, ad un "vabbè, fatti loro". Come deve essere.
Ora, se una riforma deve passare dalle forche caudine di sindacato, confindustria, confcommercio, confesercenti, confvattelappesca, si capisce benissimo che l' "AND" logico di interessi diversissimi e spesso contrastanti (bastano già sindacato e confindustria) è l'insieme nullo. E conseguentemente nessuna riforma seria può mai essere fatta. Ed infatti nessuna riforma seria è stata fatta fino ad ora.

Pubblicato quel post, ovviamente ho ricevuto molte critiche da amici e colleghi, sindacalisti e non. Dalle accuse di "non riflettere", a quelle "facevi più figura se non lo pubblicavi", al "tu sei stato salvato dalle trattative sindacali".
E' chiaro che quando uno mette "sull'agone di internet" (brutta bestia) le proprie idee, si espone alle critiche. Ci sta tutto. Ma ci sta anche che si possa rispondere.
Ed urge una risposta dettagliata ai miei colleghi ed amici, i quali scambiano per "mancanza di riflessione o rispetto" le mie osservazioni. 
Il fatto che io sia stato salvato dalle trattative sindacali, non significa che la trattativa sindacale sia impostata MALISSIMO, perché tutto il sistema è impostato malissimo.
Per fare un esempio, se un maestro di scuola richiede un tema ai bambini "chi vorresti che morisse tra papà e mamma?", i bambini sono tenuti a svolgere il compito. Se io dico che è assurdo svolgere un compito del genere, non me la sto prendendo con i bambini, ma col maestro che dà il compito del genere.

Ora, tutta la trattativa sindacale che ho seguito (per interposta persona, fatta dai colleghi sindacalisti, che hanno dato veramente tutto) è stata un'immensa pantomima in cui ci sono le parti in gioco, di azienda, CHE DECIDE TUTTO E SA BENISSIMO COSA DEVE OTTENERE, governo, che media facendo ammuina per mezzo di un funzionario ministeriale, e lavoratori. Le riunioni al MISE, racontateci da un collega via Whatsapp/Facebook in tempo reale, quelle sì che erano surreali. "Vabbè, ci riaggiorniamo tra 2 settimane.", dichiara il funzionario. La riunione è finita. Nulla di fatto. Per svolgere tutta questa pantomima, ci sono 75 giorni di tempo, al termine dei quali si traggono le somme. E' sempre così. Sono venuti a Catania i sindacalisti nazionali di FIOM, FIM, UILM ed UGLM. Uno di loro ci ha spiegato, tra il dissenso generalizzato, che la trattativa sarebbe stata condotta in un certo modo, che di tutto ciò che si sarebbe ottenuto, una parte consistente la si ottiene nell'ultima mezz'ora del settantacinquesimo giorno, e poi il tutto viene ratificato (ed approvato) dai lavoratori. E sempre la stessa persona (quanto sono grato a questa persona, che mi ha aperto gli occhi!) ci disse in assemblea "gli accordi vengono quasi sempre firmati". Nel caso nostro, era evidente il perché: quando ST si impegna riprendersi 170 persone, quando Micron si impegna a riprenderne 85, piuttosto che il "tutti i 419 a casa" meglio "piuttosto". Quando i numeri sono questi (molto spannometricamente):

170+85 salvati
alcune decine che (soprattutto al Nord) se ne vanno, accettando le 28 mensilità
alcune decine che vengono rilocate in Italia
alcune decine che accettano di andare all'estero (Monaco o Boise)
alcune decine che ancora non hanno alternative alla mobilità

ecco, di fronte a questi numeri, di una vera e propria mattanza, i viaggi a Roma dei colleghi sindacalisti, i viaggi che abbiamo fatto (inutilmente) alcuni di noi da Catania a Roma per una manifestazione che poi è saltata, i viaggi dei colleghi di Agrate, Arzano ed Avezzano, tutta la fatica fatta dalla MASSA DEL LAVORATORI, più i colleghi che ci hanno supportato da ST, tutto questo ha effetto su POCHE UNITA' RISPETTO A QUELLO CHE LE DUE AZIENDE VOLEVANO OTTENERE FIN DALL'INIZIO. Soprattutto per quanto riguarda Micron (ST non so quanto sia stata pressata dal governo rispetto al numero che SAPEVA GIA' di riprendere), è ragionevole pensare che quegli 85 non facevano già parte di una strategia di recupero già scritta?

Ora, quando io rilevo che la fatica, i giorni di sciopero, i soldi persi, i cartelloni preparati, una battaglia fatta ALLA GRANDE da tutti noi lavoratori, supportati e guidati dai sindacalisti, tutto ciò ha effetto su pochissimi punti percentuali su tutta la vertenza, ho due tipi di reazione:

1)RIFAREI TUTTO, perché anche un collega in più salvato merita tutto il mio sudore
2)E' UN SISTEMA TOTALMENTE IMBECILLE, è quasi un gioco di ruolo in cui, a differenza dei risiko dove i tre dadi che attaccano e i tre dadi che difendono possono dare qualsiasi risultato, qui noi che difendiamo siamo totalmente in balia dell'atteggiamento dell'azienda. E' come se l'azienda avesse i dadi da 6 ad 11 ed i lavoratori i dadi da 1 a 6. E' come la scena del biliardo di Fantozzi "Questa è classe, coglionazzo!" "Questo è culo, coglionazzo!", e gli altri impiegati costretti a ridere col padrone, mentre la mamma fa il lavoro a maglia.
E se l'azienda avesse deciso A PRIORI di recuperarne 0, invece di 85, non ci sarebbe stata azione sindacale che potesse tenere.
L'azienda ha fatto bene i conti, sparando alto per poi fare la parte di chi viene incontro alle richieste dei lavoratori.
Tutto ciò è una recita, fatta sulla carne viva dei lavoratori, che sarebbe bene risparmiarsi. Sarebbe bene che TUTTO IL SISTEMA fosse diverso, che i sindacati avessero un ruolo più forte ed efficace.
Ora, dire tutto questo viene preso per "offesa ai lavoratori", "tradimento", "facile farlo dalla poltrona sapendo di essere recuperato".
Ma non è così.
Se ad una persona viene dato un obiettivo imbecille, è chiaro che la persona tiene al proprio lavoro, e non è bello sentirsi dire che il proprio lavoro è stupido. Ma se lo è, la critica non è al lavoratore, ma all'attività stupida.

In definitiva, io credo che se le trattative sindacali sono come quelle che ho vissuto io, beh, vanno cambiate dalla radice. Un'ultima cosa: le trattative, generalmente, non sono quelle che abbiamo vissuto noi di Micron. Noi di Micron avevamo un terzo attore, mai presente sul tavolo, ma essenziale, che si chiamava ST. Che si è sobbarcata circa il 50% della soluzione. Le trattative, generalmente, sono molto peggio! Vedasi capitolo Accenture di Palermo e Meridiana. O interviene il governo, oppure le aziende i conti se li fanno "a priori", per ottenere il risultato. I lavoratori, i sindacati, siamo marionette che spostano pochi punti percentuali di salvataggio.

E' il sistema che va cambiato. Non bisogna annullare il sindacato. Bisogna avere delle regole che permettano al sindacato di poter trattare seriamente. Come, secondo me, lo scriverò in un post successivo.

Wednesday, October 22, 2014

Postilla ai miei post più recenti

Mi è stato chiesto un consiglio da dare ai manager italiani rimasti in Micron. Non lo ritengo corretto, innanzitutto perché Micron ha scelto di disfarsi di me, e quindi non ero la persona giusta per quest'azienda, e poi perché parlando di "manager" di Micron, parlo di persone che conosco benissimo, con cui abbiamo lavorato fianco a fianco per anni... adesso, dare consigli a loro come se io fossi chissà chi, mi sembra ridicolo.

A tutti, invece, vorrei dare, più che un consiglio, un suggerimento sussurrato, e lo faccio col testo della canzone che ho già citato, "Ed io, tra di voi" di Charles Aznavour. Ascoltatela perché è meravigliosa, ed anche l'interpretazione di Aznavour è straordinaria.

Ed io tra di voi [Charles Aznavour]

Vi invito a leggere attentamente il testo fino in fondo, e soprattutto l'ultima parte, che metto in grassetto. E' perfetta per quello che ci è successo. Lei (USA), Lui (ITALIA), L'altro (ESTREMO ORIENTE). L'ultima parte è il mio suggerimento, perché credo che possa succedere questo anche ora, anche in futuro.

Ed io tra di voi [Charles Aznavour]

lui di nascosto osserva te
tu sei nervosa vicino a me
lui accarezza lo sguardo tuo
tu ti abbandoni al gioco suo
ed io tra di voi, se non parlo mai
ho visto gia' tutto quanto
ed io tra di voi capisco che ormai
la fine di tutto e' qui
lui sta spiando che cosa fai
tu l'incoraggi perche' lo sai
lui sa tentarti con maestria
tu sei seccata che io ci sia
ed io tra di voi se non parlo mai
osservo la vostra intesa
ed io tra di voi nascondo cosi'
l'angoscia che sento in me
lui di nascosto sorride a te
tu parli forte chissa' perche'
lui ti corteggia malgrado me
tu ridi troppo hai scelto gia'
ed io tra di voi se non parlo mai
ho gonfio di pianto il cuore
ed io tra di voi da solo vivro'
la pena che cresce in me
oh no, non e' niente
forse un po' di fatica
cosa vai a pensare, al contrario
e' stata una magnifica serata
si, si una magnifica serata


 Ecco, dovesse arrivare "Lei" a Catania, ad Arzano, ad Agrate, ad Avezzano, a dire "come stai? ti senti bene?" la tentazione può essere quella di dissimulare e dire "Tutto bene...". 

Io non sono sicuro che sia la cosa giusta.

Tuesday, October 21, 2014

9 mesi di fuoco - PARTE IV (conclusione)

E' ovvio che tutto ciò che è successo non mi fa piacere. Non fa piacere essere buttati fuori senza "giusta causa", dove io limito il concetto di "giusta causa" solo alla mancanza di rendimento. Non fa piacere ricevere i complimenti a destra ed a manca un giorno, e poi il giorno dopo "sai che c'è? siete fuori.". Non fa piacere essersi fidati di persone che non meritavano la fiducia, e parlo del VP che ha deciso che Catania R&D dovesse essere segata. Non fa piacere sapere, tra un bicchiere di vino e l'altro, a Dicembre 2012, che già si dava per certo, ad Agrate, che il mio gruppo sarebbe stato segato all'inizio del 2014. Non ho creduto a questa voce, e, anche se non ho le prove, è probabile che io abbia sbagliato, ingannando innanzitutto me stesso, e poi le persone del mio gruppo. E neanche allevia il dolore il fatto che il mio stesso destino sia toccato a centinaia di persone, che hanno pure fatto gli straordinari per permettere all'azienda il raggiungimento di obiettivi legati al processo di integrazione. E soprattutto non fa piacere che questo sia avvenuto quando la mia ex azienda faceva utili netti e fatturato record.

Tutto questo non fa piacere per nulla, ma ha insegnato tantissimo.

E adesso ho tutta una serie di domande, che resteranno senza risposta. Ma che mi frullano per la testa da tempo.
Che i lavoratori di Micron siano stati trattati come carne da macello, è fuori di dubbio. Quello che mi lascia senza parole, con un "mah" grande quanto una casa, è l'atteggiamento della classe dirigente italiana, unita alla politica. Impostiamo il discorso come un problemino di scuola elementare:

I DATI:
La microelettronica è un settore fertile. Fa soldi a palate e le aziende hi-tech, in un mercato che "balla" parecchio, comunque nel lungo periodo crescono. Dalla politica mi aspetterei una tutela delle nostre competenze. Mentre abbiamo visto com'è stato trattato il #casomicron al Ministero Incentiviamo Se Emigrate. E già questo porta alla prima domanda al "Sistema Italia"

1)A che serve il Ministero dello Sviluppo Economico?

Poi vi è una serie di domande specifiche alla nostra avventura.
Nel 2007 ST annuncia di voler dismettere il ramo memorie, troppo costoso ecc...ecc... e fa con Intel e Cisco Partners (quest'ultima sempre nell'orbita americana) una JV per creare Numonyx (Partecipazione ST 48%, Intel 47% e Cisco 5%, se non ricordo male).
Nall'Aprile 2008 nasce Numonyx, un'azienda che avrebbe dovuto far partire il 12" ad Agrate R&D e Catania come produzione. Ma occorreva una certa "massa critica", stimabile attorno ai 4.5 B$ minimi, per poter intraprendere quegli investimenti. Numonyx, pur essendo la più bella realtà che abbia vissuto, non raggiungerà mai neanche lontanamente quegli obiettivi, e verrà acquisita da Micron 2 anni dopo. Ma io avevo avuto la soffiata dell'acquisizione di Micron più di 9 mesi prima dell'annuncio ufficiale, e non dagli ambienti di ST. Segue tutta una serie di domande, che non avranno mai risposta (forse è pure giusto che sia così, tanto, non stiamo parlando di reati, neanche lontanamente):

2)Al momento del Deal ST-Intel, Numonyx è stata creata per, come ci venne detto, "fare massa critica e giocarsi la partita delle memorie" da soli, in modo agile ed efficace? O fu creata per fare una compagnia piccola ed appetibile per essere comprata, dopo aver messo i bilanci a posto? Numonyx, tra licenziamenti, cassa integrazione in Italia, ecc... ecc..., al momento dell'acquisizione di Micron era una compagnia perfetta. Gestita benissimo dal top management che sicuramente (con grossi sacrifici dei lavoratori) centrò l'obiettivo di una compagnia "appetibile". Ma non quello di una compagnia "vincente". La domanda che mi rimarrà sempre in testa è: Numonyx fu creata per vincere, o per "mettere a posto i conti"?

3)Supponendo che Numonyx fosse stata creata per mettere a posto i conti, Micron era già dietro l'angolo? Per la serie: OK, ora potete darmela?

4)Il Governo Italiano (vabbè che allora c'era Scajola al MISE, e quindi già in parte mi dò la risposta) non poteva chiamare il CEO di Micron e dire "cumpà, che intenzione avete con questi padri di famiglia?" e "spalmare" nei quattro anni avvenire 2010-2014 lo scempio con un piano di rientro con l'azienda italiana di riferimento, SENZA ARRIVARE ALLA PROCEDURA DI MOBILITA'?

5)Questa è una domanda in cui non ho competenze per dare una risposta. Sono troppo a basso livello per avere questa visibilità. Ma il dato è che oggi ci sono settori interi di Micron che sono presi da ST  che fatturano ed hanno un'ottima vita propria: perché lasciare il ramo memorie? Una scelta assolutamente legittima quella di dire "OK, non reggiamo più la concorrenza, ci sono costi troppo alti". Va bene. Ma non si può semplicemente dire: con l'R&D ci fermiamo a questo nodo (che comunque sarebbe stato il migliore al mondo sulle NOR, ci metto la mano sul fuoco), dopodiché ci dedicheremo ad altro? Perché vendere e far fare i soldi ad altri, piuttosto che tenersi persone, brevetti e clienti, usando le proprie tecnologie come "cash cow"?

6)Questa è proprio una domanda ai politici, e spero che qualcuno possa leggere quello che scrivo. Condizioni al contorno. INTEL non si occupa del ramo memorie ufficialmente, ma ha una JV con Micron per la produzione di NAND. Intel e Micron costituiscono da tempo un patto d'acciaio nell'ambito dell'illiberale e nazionalistico "sistema americano", che non si fa fregare dalla legge di mercato. L'Italia ha un gioiello come ST, vende il ramo memorie con un'azienda che formalmente è al 48% Italiana, E POI SI FA COMPRARE QUEST'AZIENDA DAGLI AMERICANI?????? Ma dico, ST fa la propria scelta strategica, ma la politica italiana NON DICE NULLA su questo scippo in piena regola fatto in nome della libertà di mercato? Quand'è che in nome della libertà di mercato l'Italia scipperà qualcosa agli Stati Uniti? Pure quando Fiat ha comprato Chrysler, Obama ha detto "Guagliò, accà nisciuno è fesso: io ti caccio i soldi, ma tu mi consolidi la produzione qui negli Stati Uniti". La domanda alla politica Italiana, agli scacchisti ad una mossa, MA VOI VEDETE CHE UN TESORO CHE HA L'ITALIA VIENE VENDUTO CON UNA MANOVRA IN DUE MOSSE AGLI STATI UNITI E NON DITE NULLA? Siete proprio scacchisti ad una mossa? O proprio non vedete che la gente ve la fa di sotto il muso ad ogni angolo della strada? O forse non capite neanche che cos'è una scacchiera?

ST si mette d'accordo con Intel e la politica "che bello"
Viene creata Numonyx e la politica "che bello"
Numonyx viene comprata da Micron (sistema USA con patto d'acciaio con Intel) e la politica dice "va bene"
Micron butta fuori a calci nel sedere quello che c'è in Italia ed al Ministero Inettitudine Senza Eccezioni mi si viene a dire "questo è il libero mercato"?????

La domanda finale che mi pongo, alla fine di questo travagliato periodo, è:

E' stata Micron a fare la bastardata, o è stato tutto il "sistema Italia" a mettersi nelle condizioni perché si facesse strame di lavoratori e professioni che in altri Paesi verrebbero considerati oro?

E l'Italia sarebbe il paese dei furbi?

Non sarebbe meglio essere fessi come gli Americani che furbi come gli Italiani?

                      (FINE)

9 mesi di fuoco - PARTE III

Da quanto ho scritto è evidente che gran parte delle cause del disastro accaduto quest'anno a Micron Italia vanno addebitate a cause che esulano, ed oltrepassano di gran lunga, la performance di lavoratori e manager italiani. Ovviamente, più è alto il livello, maggiori sono le responsabilità. Ma ci sono tanti indizi che mi fanno pensare che il nostro destino fosse segnato, indipendentemente dal comportamento dei lavoratori e dall'atteggiamento dei manager italiani.

Veniamo al punto 5)La legislazione lavorativa, Art.18 ecc...ecc... spesso mi son sentito dire che abbiamo una legislazione così complicata che è veramente difficile averci a che fare. L'ultima che mi son sentito dire è che noi lavoratori siamo bravi ma siamo come "seme nella roccia" (seed in the rock). E' evidente che i galantuomini di Boise hanno approfittato della legislazione italiana per fare un bel pacco regalo, e dire: "ok, dal momento che non possiamo licenziare individualmente per motivi di performance, aspettiamo un po' e facciamo un bel massacro di massa". Questa "vulgata" della legislazione lavorativa e del nostro Contratto Nazionale come causa del disastro è girata abbastanza in Italia, da parte dei manager Americani. In parte ci credono. Durante questi mesi abbiamo potuto leggere uno scandaloso articolo su Forbes intriso di pregiudizi dell'America più bigotta nei nostri confronti. Molti dei miei colleghi se lo ricoderanno. Gli ho pure risposto per le rime, è uno dei primi commenti.

http://www.forbes.com/sites/jimhandy/2014/03/31/micron-italy-strikes/

E quindi uno sarebbe portato a dire "eh, lo sappiamo che abbiamo una legislazione che fa schifo, hanno ragione". Ma, pur essendo ben note le mie riserve sulla nostra legislazione del lavoro, sull'Art. 18 ecc...ecc..., con tutto il rispetto, per fesso non mi faccio prendere. Qui, l'Art. 18 e la nostra legislazione non c'entrano. O c'entrano, nel senso che sono stati il capro espiatorio per un'azione che COMUNQUE SAREBBE STATA FATTA.


L'inizio della fine per noi è stato l'acquisizione di Elpida, da parte di Micron. Una compagnia che ha messo dentro Micron 6500 persone circa, tutelate dall'accordo di acquisizione per 5 anni. Ovviamente, come tutte le acquisizioni, esse portano tecnologia, prodotti, clienti, ma anche persone. E quindi, come tutte le acquisizioni, creano ridondanze. Ora, di fronte ad uno scenario in cui c'è un headquarter ed un sistema americano da una parte, ed una potenza di fuoco di produzione dall'altra (soprattutto a Singapore, a Taiwan, ed ora si è aggiunto il Giappone), l'Italia, che ha ceduto praticamente una piccola compagnia agli Americani, che ci stava a fare in mezzo? Riassumo il tutto in una vignetta che ho fatto durante il periodo delle nostre manifestazioni.
Di fronte ad una situazione geografica di questo genere, si capisce bene che l'Italia è stata la vittima sacrificale offerta agli Americani.
Ne parlavo con alcuni dirigenti dell'ST di Agrate (per loro fortuna tornati tutti a casa base), nel 2010, quando Micron acquisì Numonyx: "Dobbiamo vedere come si comportano, se ci lasciano spazio o meno". Beh, allora si parlava di Agrate a 12", e fu la buonanima di Steve Appleton a dire ad Agrate, in mensa, con chiarezza che il 12" ad Agrate non si sarebbe mai fatto, ma precisando che "ci sono un sacco di cose buone che si possono fare con l'8" qui ad Agrate", suscitando commenti caustici del tipo "Sì? Dimmene una!" Ma questa è ormai preistoria. Forse con Appleton l'Italia avrebbe avuto un po' di vita in più. Il punto è "che vita?". Con una situazione di questo genere, Micron avrebbe dovuto fare uno sforzo enorme per portare lavoro in Italia, per valorizzare le persone. Molto più facile "spremere il limone", e, quando le clausole di salvaguardia sarebbero terminate, agire. Ed hanno agito. Eccome, se hanno agito. Ma non diano a bere la storia della legislazione del lavoro Italiana. Fa schifo, sono d'accordo, ma stavolta non c'entra nulla, ha solo la colpa per aver dato il destro ad un disimpegno di lunga portata volto alla riduzione dei siti italiani a mero supporto di attività comunque centrate negli Stati Uniti.
Ovviamente, queste sono riflessioni che faccio per quello che ho visto io, che da mesi ormai non sono più dentro Micron. C'è un altro modo di vedere le cose. Lo auguro di cuore ai miei colleghi che sono rimasti: cioè effettuare il taglio forte solo una volta, per poi reinvestire, in maniera più limitata, ma focalizzata. La storia dirà se questa sarà un'ipotesi che Micron vorrà percorrere. Io ho i miei dubbi.
Avessero voluto, hanno avuto 3 anni per valorizzare l'Italia, i manager americani, prima dell'acquisizione di Elpida. Se non l'hanno fatto, significa che non ne avevano intenzione. Di mezzo c'è stato il crollo di Nokia, che ha remato contro (ma secondo me ha solo accelerato gli eventi). Forse un certo protezionismo del nostro management non ha giovato. Ma sono tutte scuse. Anche perché, dietro la grande apertura dell'America delle libertà, si nasconde un sistema iperprotezionistico che mira a salvaguardare in modo assolutamente illiberale e nazionalistico le competenze presenti negli Stati Uniti, prova ne sia un sito di produzione come quello della Virginia, che, in condizioni del tutto "di libera concorrenza" difficilmente avrebbe i numeri per competere con i siti di Singapore e Taiwan.
Quindi, al di là delle contingenze negative, quali possono essere state l'acquisizione di Elpida e la recessione dell'anno scorso del mercato delle DRAM, per l'Italia c'era E C'E' da chiedersi: qual è il trend?
La corrente porta verso un mare placido, un laghetto di latte e miele, o porta verso una rovinosa cascata? Perché se la corrente porta irrimediabilmente verso la cascata, ci possono essere dei sassi che temporaneamente tengono, temporaneamente si può anche risalire, ma nel lungo termine ciò che stabilirà la direzione è il verso della corrente. Quindi, è tempo ORA, SUBITO, da parte del management italiano e soprattutto del Ministero Italiano Smistamenti Esuberi di ANTICIPARE le intenzioni, per evitare un secondo #casomicron.

In definitiva, ricapitolando i 6 punti e dando delle percentuali sulle cause del disastro

1)Lavoratori Italiani non all'altezza: 0%
2)Costo del lavoro eccessivo: 0%
3)Management italiano poco efficace: <15%
4)Opacità Italiana: <10%
5)Rigida legislazione del lavoro: 10% (solo capro espiatorio)
6)Strategie geopolitiche ineluttabili di Micron >65%


Un'azienda che procede per Merger & Acquisition strutturalmente fa una campagna di licenziamenti periodica. In altri paesi la fa senza Art. 18. Noi avevamo l'Art. 18 ed in più eravamo l'anello debole. Le condizioni ideali per calare la mannaia. Per fare un paragone che dia un po' di sorriso laddove non c'è nulla da ridere, l'Italia si è trovata nella posizione di Raimondo Vianello nello storico sketch con Sandra Mondaini "Lei, lui, l'altro" sulle note di "Ed io, tra di voi" di Charles Aznavour. L'Italia (Lui) , in mezzo tra Stati Uniti (Lei) ed Estremo Oriente (L'altro), vede ciò che succede:

"ed io tra di voi, se non parlo mai
ho visto gia' tutto quanto
ed io tra di voi capisco che ormai
la fine di tutto e' qui."



Rimangono alcuni quesiti relativi al "sistema Italia", che voglio condividere con i miei venticinque lettori. La prossima puntata.
              (...continua...)

Monday, October 20, 2014

9 mesi di fuoco - PARTE II

Dando per scontato che nessuno al Ministero Smistamento Esuberi ha fatto la domanda cruciale ("Perché state disinvestendo dall'Italia?"), proviamo a fare qualche ipotesi del perché il management di Micron ha fatto ciò che ha fatto in Italia, per certi versi in modo anche piuttosto grossolano, come ha fatto risaltare un giornalista britannico, David Manners, che ha seguito a lungo la nostra vicenda, nel suo blog.
(Ecco i suoi articoli sul #casomicron: [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9] [10] [11][12] [13] [14] [15] [16] [17] [18] [19] [20][21][22][23])

Non ci sono molti motivi per cui un'azienda decide un comportamento così brutale. Proviamo ad elencarli, in ordine di "zoom-out", dal lavoratore alle grandi scelte strategiche aziendali.

1)Lavoratori inefficienti o scansafatiche o tecnicamente non preparati.
2)Costo del lavoro eccessivo.
3)Un management italiano non efficace.
4)Una situazione italiana poco chiara agli occhi degli Americani
5)Legislazione italiana troppo difficile da gestire, Art. 18 ecc... ecc...
6)Strategie geopolitiche ineluttabili di Micron.

Posso affermare con certezza assoluta che i primi due punti sono totalmente da escludere. Il punto 2) l'ho spiegato nel post precedente. Oltretutto l'Italia è uno dei paesi in cui opera Micron col costo del lavoro più basso. A riprova di questo, c'è un rafforzamento di Germania (Monaco) e Gran Bretagna (Bristol) a danno dell'Italia. Quanto al punto 1), ovviamente non nego che ci siano dei lavoratori scansafatiche e da prendere a manate, gente che sta su internet 7 delle 8 ore dovute. Ma è una percentuale trascurabile, che si può ritrovare ovunque. Oltretutto, spesso (non sempre) un lavoratore che lavora poco, soprattutto in una grande azienda, lo fa perché non correttamente stimolato. Poi ci sono i Crocetta del lavoro, i fanfaroni e fannulloni. Ci sono, e ci saranno sempre in siti che contano centinaia di persone. Direi che è quasi fisiologico, ma non è quello che fa la differenza. Anzi, il mio ex manager di Micron, dell'R&D di Boise, mi ha sempre detto che tecnicamente gli ingegneri italiani sono di altissimo livello. Senza entrare nel merito, l'avevo già capito confrontandomi con gli ingegneri di Intel del defunto CTC (California Technology Center) di Santa Clara. Ci sono punti in cui siamo deficitari, ci sono punti in cui l'ingegnere Italiano insegna agli Americani (poi, quelli di Boise sono poco propensi ad apprendere, ma questa è un'altra storia).

I punti 3 e 4 mi coinvolgono direttamente, avendo fatto parte del management di Micron (anche se di basso livello). Qui un po' più di responsabilità io la vedo, ma spiegherò che secondo me non è tantissima. Credo che l'Italia si sia presentata agli occhi di Micron come un "pacchetto unico" da prendere in blocco così per com'è, con modalità lavorative da tenere a tutti i costi. Credo che ci sia stata una tendenza del management italiano a "tenere" le risorse, per paura di perderle, piuttosto che "rilasciarle" perché ognuno giocasse questa battaglia difficile. Credo anche che questo abbia causato una reazione piuttosto negativa nel management Americano, che già non brilla per flessibilità ed "inclusività". Ma anche questo ha influito relativamente poco, e ne ho le prove.

Essendomi infatti trovato in una situazione più unica che rara, cioè a capo di un gruppetto piccolo, che riportavo all'allora responsabile di Micron Italia (di Avezzano), per motivi troppo complicati da spiegare, ho avuto la fortuna di conoscere la realtà di Boise ed adattare totalmente il mio gruppo all'interno dell'R&D di Boise. Il tutto è andato alla perfezione. Eravamo perfettamente inseriti, ed alle mie CONTINUE richieste di "verifica di rendimento" delle persone del mio gruppo, il mio responsabile, ed il manager di Boise con cui lavoravamo, ci dicevano che facevamo un "valuable job". Eppure siamo stati segati tutti. Quindi, ammesso che i manager italiani, di basso e -soprattutto- di alto livello, abbiano agito male, sulla difensiva, chi come me ha giocato all'attacco e dando totale disponibilità ad un'integrazione piena, comunque è stato segato. Quindi anche il management italiano è -in parte- scagionato.

Rimangono i problemi di più alto livello: la legislazione lavorativa e le scelte geopolitiche di Micron.

              (...continua...)

9 mesi di fuoco - PARTE I

Esattamente 9 mesi fa, il 20 gennaio 2014, si svolgeva al MISE (Ministero Italiano per lo Sviluppo Economico) una riunione che avrebbe cambiato la vita a 1028 lavoratori della Micron, sparsi in 5 siti italiani (Agrate, Arzano, Avezzano, Catania, Padova). Dovrei dire a 419 su 1028, tanti siamo stati dichiarati esuberi dalla Micron. Ma sono sicuro che anche gli altri, coloro che non sono stati impattati, hanno vissuto una situazione terribile. Gli Americani di Boise (Idaho), headquarter di Micron, non ci sono andati per il sottile, e devo dire che con una chiarezza disarmante hanno messo nero su bianco quello che sui telegiornali viene ripetuto più volte: le multinazionali delocalizzano, e l'Italia fa sempre la parte della preda, mai del predatore. E' un flusso di lavoro inarrestabile che da noi si sposta verso altri lidi. Tendenzialmente, estremo oriente. Singapore e Cina.
Solo un fesso potrebbe illudersi che, almeno limitatamente alla microelettronica, il problema è di costo del lavoro. Non è così. Un ingegnere di Singapore praticamente guadagna quanto guadagnamo noi in Italia, e la mancanza di tutele degli operai di Singapore è un problema minimo per un'azienda come la Micron.

Facciamo un po' di conti alla mano, in maniera molto grossolana, per renderci conto degli ordini di grandezza.
Ragioniamo per eccesso. Supponiamo che un operaio costi all'anno circa 50.000 $. In una fabbrica di 2.000 operai il costo del lavoro annuo è circa 100 milioni di dollari. Una macchina di litografia avanzata (una scanner ad immersione) costa circa la stessa cifra. 100 milioni di dollari. Nella fabbrica in cui lavorano questi duemila operai di macchine di litografia avanzata ce ne sono almeno una decina. Più ci sono tante altre decine di attrezzature, non così costose, ma che vanno tutte oltre il milione di dollari ciascuna. Parliamo di macchine di attacco, di crescita epitassiale, di impiantazione, di forni... Ovviamente non vado nei dettagli, perché il tutto dipende dalle fabbriche e da cosa si produce. Però spero di aver fatto capire che, in una fabbrica avanzata di semiconduttori (memorie, processori ecc...) il costo del lavoro pesa per meno, per molto meno, del 10% dell'investimento. Di conseguenza, non è perché costiamo tanto, in Italia, che la Micron ha deciso di ridurre drasticamente la forza lavoro Italiana, che non produce per Micron. Un'affermazione del genere dovrebbe far preoccupare un politico serio, in Italia. Se c'è qualche politico serio che casualmente legge quanto scritto, si faccia questa domanda:

POSTO CHE NON E' IL COSTO DEL LAVORO il problema principale per cui un'azienda che fattura più di 10 Miliardi di dollari decide di darsela a gambe levate dall'Italia, COSA RENDE L'ITALIA COSI' "NON BUSINESS FRIENDLY"?

PERCHE' QUESTI DI MICRON HANNO DISINVESTITO COSI' PESANTEMENTE?

Breve inciso, lo chiedo a chiunque mi possa dare una risposta, a chiunque, tra le RSU, abbia partecipato alle riunioni al MISE: il Funzionario che ha seguito la vicenda, ha fatto questa domanda ai dirigenti aziendali? "Perché ve ne state andando?" Se io avessi un incarico al MISE, e se MISE non è l'acronimo di "Ministero Italiano Smistamento Esuberi", questa domanda dovrebbe essere il leit-motiv di tutta la mia attività. Coloro che si siedono a Roma facendo incontrare azienda e sindacati, fanno qualcosa al di là dei curatori fallimentari?

Il Ministero Italiano dello sviluppo economico ha il DOVERE di richiedere spiegazioni, ricevere delle risposte che siano quanto più franche possibili, ed attivarsi perché una cosa del genere non succeda più. Fosse una cosa trattata seriamente, lo "sviluppo economico"...


              (...continua...)

Thursday, October 16, 2014

Il sinodo di Papa Francesco. I dubbi di un cattolico.

La rivoluzione nei metodi che Papa Francesco ha imposto al Vaticano è stata straordinaria. È sotto gli occhi di tutti, e nessuna persona che non sia in malafede può negare la differenza col passato. Questo richiamo alla Chiesa che puzzava di chiuso, il richiamo ai sacerdoti ed a tutti i cristiani di andare "alle periferie del mondo", di sporcarsi le mani, di aiutare i poveri, è fatto con costanza e con un ottimo esempio. Insomma, non gli si può proprio dire "da che pulpito viene la predica, perché è un pulpito degnissimo.
Se i Cardinali cercavano, in altre parole, di smantellare attraverso un'elezione la parte sclerotizzata della Curia Romana, ci sono riusciti. Fuori di dubbio.
Se la Chiesa deve espandersi ed aprirsi al mondo, Papa Francesco è la persona giusta. Sa comunicare con forza il messaggio essenziale della Chiesa, che è e rimane l'amore di Dio e la sua misericordia nei confronti dei suoi figli. La "carezza del Nazareno", che ha citato più volte, è una bellissima immagine con cui Papa Francesco fa capire che Cristo è un amico, un sostegno, un consolatore.
Ma ci sono alcuni aspetti di Papa Francesco che mi preoccupano parecchio. Non sulla sua dottrina, ma su come certe sue affermazioni possono subire un "trattamento Scalfari", insomma, una mediatizzazione, generalmente di sinistra, per cui si dica -lo esprimo brutalmente- "finalmente abbiamo un Papa dalla nostra parte, uno che è dalla parte dei poveri, e che ammette che la verità non esiste e che Dio è ciò che ci costruiamo noi con la nostra sensibilità".
Un dio "alla Scalfari", un dio "de noantri", un dio del "volemose bbene e lasciamo perdere 'ste fesserie della divinità di Cristo, della morte e resurrezione, della verginità della Madonna, 'ste cose da vecchine ignoranti e rincretinite".
In altre parole, l'approccio di Papa Francesco, che tende ad essere "inclusivista" (non credo sia "aperturista"... la formazione gesuitica di Papa Francesco è ben rigorosa), si presta ad equivoci su cose che per la Chiesa sono essenziali.
La Chiesa non può dire "alla Scalfari", che "Dio è essenzialmente la nostra coscienza", perché nulla è più falso per la Chiesa, che invece ha l'essenza su Dio rivelato da Cristo. E che, qualsiasi cosa succeda nel mondo, è vincolata a preservare e tramandare la Verità, che è quella scritta nei Vangeli di Cristo, e tramandata dai Padri della Chiesa, a cominciare da San Paolo, che non è che ci andasse tenero con chi, per piacere agli uomini, rinnegasse Cristo.
Quando Papa Francesco parla dell'unione di tutti i cristiani, va benissimo tutto, ma se arriviamo a domande essenziali, del tipo "lì nell'ostia e nel calice, nel momento della consacrazione, è contenuto VERAMENTE il corpo ed il sangue di Cristo?" l'unità dei cristiani è solida come l'unità del Partito Democratico.
D'altra parte, se -non credo che avverrà mai- Papa Francesco si pronunciasse nel 2015 ex Cathedra su queste cose essenziali smantellando alla radice 2000 anni di Magistero, verrebbe meno ad un dovere essenziale di preservare il depositum fidei, che proclama la Verità di Dio nella persona di Cristo, e non nella coscienza di Scalfari o Mancuso.
Insomma, a differenza di Renzi, che può fare del PD quello che vuole, tanto che solo un fesso oggi può dire che il PD è di sinistra, un Papa non può fare della Chiesa ciò che vuole, pena lo stravolgimento delle ragioni stesse dell'esistenza della Chiesa. 
Se uno decide che in un campo di calcio non si gioca più col pallone ma con una pallina di 7 cm, non con i piedi ma con una racchetta, inoltre non in 110 x 70m, ma in un campo di 9x18, quello non è più calcio, ma tennis.
Ho tutti i dubbi di Antonio Socci, sull'argomento. Ma ho anche la fede che il Papa sia quello giusto, comunque.

Onestamente, con Benedetto XVI avevo meno dubbi.

Wednesday, October 8, 2014

Ancora sull'Art. 18.

Il dilemma sull'Articolo 18 dello statuto dei lavoratori, se tenerlo o meno, si inserisce in un contesto molto più grande, di portata universale: l'uso della tecnica, che si contrappone a ciò che SEMBRA giusto. Se esistono i modi per fare una cosa, difficilmente una legge può opporsi. E questo è tanto più valido in questo periodo di globalizzazione. Si assiste ad uno sfaldamento progressivo delle regole. Uno sfaldamento ineluttabile, per quello che si vede. Faccio alcuni esempi:
Fecondazione eterologa. Esiste la tecnica. Sì. La legge in Italia la impedisce? Io vado all'estero e la faccio. Legge bypassata.
Unioni civili. In Italia sono impediti. Esiste la "tecnica giuridica" per bypassare la norma? Certo. Ci si sposa fuori, e si torna sposati. E' notizia di ieri che Alfano si oppone, ma mi sembra guerra persa.
Amici miei Israeliani mi dicevano che, volendo sposarsi con rito civile, ma essendo impossibile in Israele, si sono sposati a Cipro. In altre parole, Israele alza la soglia delle condizioni necessarie per sposarsi, e viene "fatto fesso" attraverso gli Stati che non mettono questi vincoli.

Articolo 18. Sembra una cosa giusta di principio, ma è di questi giorni la notizia dei 262 esuberi della Accenture di Palermo. Loro, a differenza di noi dei #casomicron, non hanno un'azienda simile alle spalle con cui poter aprire un paracadute. Già Micron aveva dimostrato che l'Art. 18 può essere bypassato anche con fatturati record. Ma Accenture aggiunge un'altra "perla": licenziamento di massa, e riassunzioni "ad personam". Per la serie, faccio fuori CHI VOGLIO IO. L'art. 18 è smantellato alla radice. Con un po' di rogne in più...

Come si contrasta la tecnica? Non tenendo le foglie di fico, come l'art. 18. Micron ed Accenture hanno dimostrato che esiste una tecnica giuridica "smantellativa alla radice" dell'Art. 18.

Allora, l'art. 18 è come l'articolo 1 della costituzione. Di principio sacrosanto. Di fatto, inattuabile. In più, dannoso, perché consente alle aziende di fare i massacri di massa, con motivazioni RISIBILI.
Fosse inutile, sarei per tenerlo, come principio. Ma essendo dannoso, liberiamocene, e troviamo principi più "consoni" a certe mentalità. Ad esempio: vuoi licenziare? Vediamo gli ultimi 4 quarter, ed in base a questo ti liquidi le persone.

E giusto per essere chiaro, con gli utili netti di Micron, nella mia testa una legge seria, non l'art. 18, dovrebbe prevedere libertà di licenziare, ma pagando molto ma molto più di 28 mensilità.

Se un'azienda multinazionale è in difficoltà, d'altra parte, erigere le barricate e dire "no, gli Italiani non li puoi toccare", significa AUTOMATICAMENTE spostare la problematica dal licenziamento individuale a quello collettivo. Mentre, senza Art. 18, magari l'azienda potrebbe essere più disponibile a tenersi gruppi di persone. QUANTOMENO POTREBBE VALUTARNE L'OPPORTUNITA', CHE L'ART. 18 BLOCCA IN PARTENZA.

In altre parole, dell'Art. 18 io vedo solo i danni, ma nessun beneficio.

Saturday, October 4, 2014

Dai militanti ai milipochi

È molto interessante la statistica che vede crollare le tessere del PD proprio nel momento in cui raggiunge il suo massimo storico.
Io credo di essere un ottimo esempio di ciò che sta succedendo. Ho votato Bersani turandomi il naso, perché non potevo dare il governo del Paese ad un branco di matti che vanno dai parafascisti ai guerriglieri No-TAV ecc...ecc... Per quanto riguarda Berlusconi, è un parentesi che ho chiuso definitivamente il 31 maggio 2004, in moto sulla Salerno-Reggio Calabria, andando al Mugello. Renzi ľho votato più convintamente, come ultima spiaggia. Ma dieci-quindici anni fa seguivo le vicende di Alleanza Nazionale, il partito che votavo, e buttavo giù dei rospi per ľalleanza con i trogloditi in verde e col satrapo di Arcore. Oggi ho votato PD  ma del PD non me ne può fregare di meno. Una goccia del mio sudore per prendere parte al dibattito D'Alema-Bersani vs Renzi io non la dò. Certo, mi fa specie che D'Alema parli ancora di politica dopo aver collezionato il record mondiale di fallimenti, e vendicandosi sottobanco con i 101 dalmati... come quello che di nascosto usa la cerbottana... Però, insomma, sono cavoli loro. E questo è il punto. Cavoli loro: quello che fa il PD, partito che io ho votato, non mi riguarda per nulla. È il distacco totale tra voto partecipato e voto di delega. Il PD ha ricevuto ALMENO metà dei suoi voti come una delega in bianco. Anzi, io ho votato PD  proprio perché ho riconosciuto in Renzi quella capacità di distruggere quelľapparato di mummie molto pensanti e nulla facenti. Ma se il PD andasse in rovina, ľunica reazione che avrei è che mi dispiacerebbe che ľultima spiaggia fosse un fallimento.
È il contrario della partecipazione. La delega. È un voto di ignavia, tutto sommato. Non interessano le idee, vediamo se questo bulletto di Firenze ce la fa. Questo tipo di voto ha pervaso la nostra società almeno da 20 anni, da quando cioè abbiamo dato fiducia ad un miliardario. Bersani -che ritengo il politico migliore in assoluto di questo ventennio- rivendica la centralità delle idee. Ha un concetto della politica molto alto. Peccato che poi sia stato piccionato da 101 frondisti. È subentrato un giovinotto con pochissime idee, ma ben esposte, e non solo ha fatto fuori tutto ľestablishment, ma tiene sotto scacco gente che lo vorrebbe morto, ma che sa che alle prossime elezioni non siederà alla camera ed ha necessità del vitalizio.
La politica è fatta anche di queste bassezze. Quanti Razzi ci sono nel PD. Ma non mi interessa. A me interessa solo quello che sa fare Renzi.
Ha ragione Bersani ad preoccuparsi della ditta. Un partito siffatto, tolto il suo leader, o si trova un altro D'Artagnan, o sprofonda di nuovo al 20%. Vedasi Forza Italia. Che esista o meno, è secondario. A chi importa che la Pascale vada al gay pride? È un problema? No, il problema è solo se esiste Berlusconi o se uno dei figli prende il posto. E difatti non arrivano al 20%. Praticamente vaporizzati, in ragione di quanto smalto e forza ha perso -per cause giudiziarie e natural-anagrafiche- il leader.
La situazione di crisi in cui viviamo toglie ossigeno ai cittadini, non solo economicamente, ma anche al cervello. Stiamo per affogare e vogliamo risposte subito. Il primo che ci dice "Io ho le risposte" per noi va bene e gli diamo la delega.
Ma non lo chiamerei "voto". Il voto sarebbe una cosa più seria. È più un biglietto di circo che acquistiamo in cabina elettorale, dando i soldi a chi meglio sa dire "venghino, Siori, venghino". Tutto il contrario del voto di idee.

Anche per questo vorrei il ritorno al proporzionale.