Guitars

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Tuesday, July 28, 2015

Cose giapponesi...




Anni fa mio cugino Michele, parlando di una siringa di plastica giapponese che gli durava, perfettamente funzionante, da una quindicina di anni, ottima per lubrificare le parti della catena "di fino", mi diceva "Ti rendi conto, Giusè, che quando io ero piccolo per dire che una cosa era di scarso valore dicevamo 'è 'na cosa giappunisi', ed ora quando si parla di prodotti giapponesi c'è da levarsi tanto di cappello per la qualità?"

Non c'è dubbio che Michele avesse ragione: negli anni '60 dire "giapponese" significava cosa di scarso valore, ed oggi la qualità giapponese è ai massimi livelli.

Ciò che non sapevo è che il termine "cosa giappunisi" non era limitato alla Sicilia, ma dopo 40 anni di ascolto ieri ho saputo che quando i Deep Purple andarono a fare una tournee in Giappone venne loro proposto di fare un disco del concerto, e loro erano riluttanti perché sembrava un qualcosa tipo "bootleg", quelle incisioni non autorizzate che vengono diffuse sul mercato praticamente di contrabbando. Accettarono a condizioni molto stringenti: che uscisse solo nel mercato giapponese, che a curarlo fosse il loro ingegnere del suono... insomma, non davano peso a quello che avevano fatto. E, sul semiserio, giocarono sul fatto (spiegava Ion Lord) che fosse una cosa non di grande qualità, che allora si diceva "giapponese" (quindi, anche gli Inglesi e gli Americani usavano questo termine), ed intitolarono quest'album, di "qualità scadente" appunto, "Made in Japan".

 Ovviamente si resero conto solo dopo che avevano fatto l'album dal vivo più bello della storia....

Per gli amanti del genere, questo è il link della RAI per la trasmissione andata in onda su RAI5 Sabato 25 luglio.

Thursday, July 9, 2015

La crisi greca vista da un motociclista




Un motociclista lo sa. Non c'è bisogno di essere Valentino Rossi, per accorgersene. Valentino Rossi è a livelli stratsferici, e la moto gliela preparano alla perfezione, certe cose non possono mai succedere a quei livelli. Parlo di un motociclista normale, non del più grande di tutti. Anche uno del mio livello lo sa bene, e sa quando c'è da intervenire senza esitazione. E quando capisce che le cose si mettono in un certo modo, rallenta, non fa delle accelerazioni micidiali. Tutto per preservare la moto ed il divertimento.

Cosa sa il motociclista?

Sa riconoscere, ad esempio, quando la catena ha un problema e sta per arrivare a fine vita. Prima inizia ad allentarsi, poi comincia a toccare sul telaio. Se il motociclista è attento, cura la propria moto, e non solo le parti migliori della catena. Quando la catena inizia a cedere, un trucchetto è quello di tenderla un po' di più, allontanando la ruota posteriore dal pignone. Ma un motociclista sa che è un trucchetto destinato a durare poco. Una catena che inizia a cedere ha 3-4 mila chilometri di vita al massimo. Ovviamente dipende da come il motociclista usa la propria moto dal momento in cui la catena inizia a cedere. Un motociclista che è abituato a fare staccate forti ed accelerazioni forti sa benissimo che continuando con questo modo di guidare, la catena lo molla in meno di 1000 km, e rischia di danneggiare tutto il sistema di trasmissione. Quindi, cerca di guidare in maniera più accorta. Meno frenate, meno accelerazioni. Dopo il primo trucchetto che serve ad evitare che la catena sbatta sul telaio, si sente in modo evidente (soprattutto in sesta a basso regime) che la moto va avanti "ad ondate" e non in modo regolare e costante. Cosa sta succedendo ad una catena che cede? Succede che, tra tutti gli anelli (fatti rigorosamente in acciaio, e con O-ring che servono per lo scorrimento di un anello con gli adiacenti), uno, il più debole di tutti, inizia a cedere. A quel punto, è quell'anello, il famoso "anello debole della catena", che sarà costretto a tenere gli sforzi maggiori, senza riuscirci. Se si mette la moto sul cavalletto, si vedrà che la catena presenta zone rigide alternate a zone molto più allentate. Nella zona allentata è presente l'anello debole. Uno, tra un centinaio, anch'esso fatto di acciaio con o-ring in acciaio. Ma che, dopo 20-30 mila chilometri di staccate ed accelerazioni, inizia a cedere.

Un motociclista con un minimo si esperienza queste cose le sa.

La catena deve essere fatta di anelli OGNUNO DEI QUALI deve poter reggere gli sforzi di una staccata e di un'accelerazione. Se uno degli anelli non regge questi sforzi, il motociclista sa che la catena è a fine vita e va cambiata. Ed il motociclista ha tantissimi segnali del cedimento, dal più debole, a quello peggiore (catena dura da una parte, e lenta dall'altra). MILIONI DI MOTOCICLISTI sappiamo queste cose, e se non siamo cretini non arriviamo all'ultimo stadio.  Non c'è bisogno di essere dei geni per capirlo. Basta un po' di buon senso.

Con la Grecia, in generale con tutta l'Europa, si è costruita una catena fatta da pezzi di acciaio, di ferro, di latta e di legno. E lo stile di guida non è mai cambiato. MAI, nonostante gli evidenti cedimenti dei pezzi di latta e di legno. Con la Grecia DA ANNI si hanno non I SINTOMI, ma l'evidenza provata che si trattava di un anello di legno, destinato a cedere. E che cosa ha fatto l'Europa PER ANNI? Invece di darsi degli "stili di guida" diversi, che non mettessero più sotto sforzo l'anello di legno, prima ha messo del fil di ferro a legare l'anello di legno agli altri due anelli; poi, non appena l'anello di legno cominciava a creparsi, si metteva il Vinavil; poi, il collaprene, poi l'attack; poi si mettono degli o-ring di carta, a sfregare sul legno... Già un motociclista che accettasse di avere una catena con acciaio e legno sarebbe un cretino. Quando poi il legno si rompe, che cosa fa? Invece di risolvere alla radice il problema, cambiando stile di guida, o sostituendo l'anello di legno, mette colla, pezze e fil di ferro per farlo reggere a tutti i costi. E "TUTTI I COSTI" sono a carico della Grecia. Solo degli imbecilli hanno potuto portare avanti questo gioco al massacro nei confronti dei Greci. Degli imbecilli, oppure persone, enti, istituzioni che avevano l'interesse a mantenere la Grecia moribonda, ma MAI FACENDOLA MORIRE.

Ora, tutto si può dire a Tsipras, che sia un cialtrone, che sia una minaccia, che sia un demagogo. Ma è chiaro che il suo obiettivo è NON CONTINUARE QUESTO GIOCO AL MASSACRO. Perché se i creditori chiedono al legno di reggere accelerazioni di 150 CV, e propongono di mettere l'Attack come aiuto, questi creditori stanno prendendo in giro l'anello debole. Onestamente, non riesco a definire Tsipras un cialtrone che sta prendendo in giro l'Unione Europea, dopo che l'Unione Europea per anni si è tenuta CONSEPVOLMENTE una catena con anelli di legno. Se l'è tenuta non facendo nulla, se non far succhiare alle banche gli interessi che l'anello di legno garantiva, CHE NON VUOLE PIU' GARANTIRE, e che gli altri vogliono che continui a garantire, per continuare il giochetto al massacro.

Dal momento che non posso credere che l'Europa sia fatta da funzionari talmente imbecilli da non capire che con una catena di legno non si può guidare, non rimane che la criminale malafede: che è interesse di tutti (Italia compresa, forse prima di tutti) che la Grecia sia tenuta costantemente come un malato TERMINALE ma MAI TERMINATO. Rispetto a questi cinici criminali, meglio un cialtrone e Checco Zalone Varoufakis che un pugno di politici interessati che ingrassano le banche degli Stati forti, con gli interessi insostenibili che pagano i cittadini più deboli. Non sono mai stato un comunista, e Tsipras non mi piace per nulla. Ma sto dalla sua parte se dall'altra tutti gli chiedono di sopravvivere con la bombola di ossigeno in modo che le banche si possano arricchire con gli interessi fasulli di un debito tenuto artificialmente in vita, quando è palese che non sia sostenibile.

La Grecia deve fare le riforme? Prima deve finire questo flusso di interessi dai più poveri ai più ricchi. Poi può dire ai poveri "e adesso smettetela di fare i cialtroni e cambiate".
Ma fino a quando le banche e tecnici finanziari continuano a sfruttare interessi del 15%, nessuno può fare la morale a quel cialtrone di Tsipras.