Guitars

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Sunday, February 22, 2015

COSA CHIEDEREI AL MISE (Reload)




A più di 10 mesi di distanza, rileggevo il post che avevo scritto all'indomani dell'accordo sindacale del 9 aprile. Rappresenta ciò che sognerei da un'azione politica seria. Al di là del finale semiserio, sono allibito e sconfortato dall'attualità di quello scritto nella seconda parte, "quello che farei". E, soprattutto, è sconfortante constatare come nulla di ciò che spererei è stato fatto, e nulla verrà fatto, neanche lontanamente. Eppure non mi sembra fuori dal mondo. Anzi, lo definirei il minimo.

Ma al MISE pensano solo a sanare vertenze.

Ecco il post.

http://cino1970.blogspot.it/2014/04/al-posto-del-ministro-dello-sviluppo.html

Thursday, February 19, 2015

AMAREZZA




Sperando che chiarisca la sua posizione, ma un po' di amaro in bocca ce l'ho...

Wednesday, February 18, 2015

ABORTO




Generalmente mi piace usare toni accesi quando l'argomento è frivolo o certamente non coinvolge la vita delle persone (l'Inter, Allevi ecc...ecc...). Insomma, toni accesi per le fesserie.

Con l'aborto no.

L'aborto è una cosa grave, seria, ed ha bisogno di calma nella discussione. Occorre essere rigorosi e logici fino in fondo. E quindi faccio tre domande a tutte le persone dotate di ragione e logica:

1)E' lecito ad un essere umano sopprimere un altro essere umano?
2)L'embrione è un essere umano a tutti gli effetti?
3)Se non lo è, quando lo diventa?

Rispondendo logicamente alle prime tre domande, senza pregiudizi, senza pre-condizionamenti, ponetevi adesso la quarta domanda:

4)Quando è lecito l'aborto?

Qualunque discussione autenticamente laica sull'argomento non può prescindere da queste quattro domande.

Tuesday, February 17, 2015

Giusè... quanno te rode...




Non è passata inosservata la presenza di Giovanni Allevi sul palco di Sanremo. Per lo meno, a me non è calata per nulla. Mi risulta indigesto che Carlo Conti (validissimo professionista di ciò che è "corretto" e della "vox populi") lo abbia definito "maestro" e si sia definito "onorato" di averlo sul palco.
Vediamo cosa si nasconde dietro questo titolo di "maestro", parola che ha in sè il concetto del "magis", del "maggiore", del "più".
Allevi è un musicista diplomato (come ce ne sono centinaia di migliaia nel mondo), con un indubbio "estro", con quella voglia di "esprimere" qualcosa che venga recepito dal grande pubblico. Come lui ci sono milioni di persone, da tutti i gruppi underground che si esibiscono nei locali delle città agli artisti di strada. Ovviamente, essendo diplomato in musica, possiamo immaginare che abbia le conoscenze basilari per capire cosa sia una melodia, e -a differenza di tantissimi diplomati in pianoforte, anche brillanti- riesce a capire cosa piace al grosso pubblico. Un bell'arpeggio con la mano sinistra, la destra si esibisce in melodie di terza o di sesta, mentre il pedale destro è abbondantemente calato, per far sì che i suoni del pianoforte si sommino e diano luogo a quel clima di sogno che proviene da un bell'accordo arpeggiato e tenuto a lungo.
Musica meravigliosa.
Allevi maestro... musicista "classico" moderno. Un po' come dire che Vasco Rossi è un filosofo moderno, sulle orme di Kant.
(digressione: per leggere la prima pagina della "Critica della Ragion Pura" ho impiegato mezz'ora sudando freddo. Potrei liquidare il fatto dicendo che Kant non aveva ritmo... più difficile ammettere di non essere all'altezza di capirlo)
Tutto ciò che fa Allevi provoca in me due sensazioni: invidia ed indignazione. Invidia, perché pur essendo le sue melodie di una banalità sconfortante, che qualsiasi ragazzo all'ottavo anno di pianoforte improvviserebbe per riscaldarsi, con queste melodie egli fa soldi a palate (e fin qui...) e riceve titoli da "maestro". E qui non ci sto. Ma "maestro" di che??? Del banale trasformato in soldi e titoli onorifici?

Quanto scritto finora può suscitare nel lettore due tipi di reazione: "hai ragione da vendere" (nell'1 per mille della popolazione), oppure "quanno te rode, grattete!" (nel restante 999 per mille).

Ma veniamo all'indignazione. Che Allevi abbia saputo vendersi in maniera straordinaria, millantando doti da genio della musica (i capelli ricci alla pazza, gli occhialetti intellettuali e quell'aria da finto ebete che non capisce nulla se non la musica), è fuori di dubbio. Ci ha scritto pure un libro "La musica in testa", in cui fa capire come con la musica lui riesca ad entrare in un'altra dimensione, e ragionare in modo musicale. Cose che uno che legge dice "questo è un Mozart". In realtà, ciò che dichiara Allevi -questo "sentire la musica"- è una cosa assolutamente naturale presente in MILIONI E MILIONI di persone, e che moltissimi studenti di musica possono provare. Il punto è che gli studenti di musica provano quello che dice Allevi studiando o suonando Mozart, Bach, Beethoven, Chopin. Egli, dopo aver provato quest'estasi artistica, partorisce melodie risibili e giri di do da terzo anno di pianoforte. Un po' come se io dicessi "quando penso alla bellezza delle parole e della poesia vado in estasi" e poi genero "La mamma mi ha comprato un lecca lecca"

E si è paragonato a Chopin. Ma Allevi ha idea di chi sia Chopin? Paragonarsi a Chopin può andare bene a chi non capisce assolutamente nulla di musica. Io non avrei mai scritto nulla su Allevi, che rimane un mediocre pestanote (per scelta sua), se un giorno non se ne fosse uscito con quella sparata su Beethoven "A Beethoven manca il ritmo. Quello che poi ho trovato in Jovanotti". Ecco, con quella dichiarazione ha scatenato il Mister Hyde che c'è in me. E' una dichiarazione che qualifica Allevi in due possibili modi: uno che di musica non capisce assolutamente nulla, oppure (ed io credo che sia "oppure") uno che ha iniziato ad intuire che cos'è la musica, ed ha capito che per mandare in estasi il pubblico serve una parte per miliardo della bellezza e varietà di Bach, Beethoven, Mozart. Senza i quali, Allevi sarebbe uno strimpellatore e non un pianista. Così, collocando volutamente le sue composizioni nell'ambito del nB (il "nanoBach") può campare di rendita per anni e può essere chiamato "maestro" e permettersi di dirigere un'orchestra al Senato della Repubblica.

Con quella dichiarazione, Allevi si è comportato come quei maestri degeneri che hanno studiato greco e latino, ma dicono agli alunni "Inutile che vi mettiate a leggere Cicerone o Platone, non hanno ritmo, meglio un bel tweet di Renzi". Allora, o sei cretino, o sei un subdolo. Io tendo ad escludere quasi del tutto la cretinaggine.

Insomma, se "maestro" è, è uno di quei cattivi maestri da cui tenersi a debita distanza.

P.S. A proposito, mio figlio di 8 anni in questi giorni sta studiando un minuetto di Beethoven (No. 1 in Do+ WoO 10) ed un pezzo facile "Scozzese" di Schubert in sol+. I pezzi di Allevi (anche nel ritmo) stanno a questi piccoli gioiellini come un mio post sta ad un editoriale di Montanelli.
Altro che "Maestro".
A Ribera gente come Allevi la chiamano "allampaviddani".

Tuesday, February 10, 2015

Germania vs. Grecia




Libera interpretazione.

Sunday, February 8, 2015

A che serve la scuola? II




5)Al di là del fatto che non mi è chiaro come dovrebbe migliorare la scuola, c'è una domanda ancora più a monte ed ancora più ad alto livello: qual è la missione della scuola? Se lo si chiede ad un professore, la risposta non può che essere una sola: far sì che un bambino venga valorizzato al massimo in base alle proprie attitudini, in modo tale che, a 13 o a 18 anni, egli possa avere la più ampia scelta di ciò che può fare nella vita. Domanda: siamo sicuri che gli interessi della nazione coincidano con gli interessi dell'alunno? Immagino le risposte istituzionali: "Senza alcun dubbio gli interessi dell'alunno coincidono con quelli della sua nazione, perché un alunno ben formato avrà più possibilità di riuscire nella vita, e quindi accrescere il valore della nazione". Questa è una baggianata colossale, ancor più stridente se è un discorso fatto per l'Italia, che forma CON LA SCUOLA BORGHESE persone di ottimo livello, le migliori delle quali ringraziano, salutano e se ne vanno. Se considerassimo le Nazioni come aziende, l'Italia nel mondo apparterrebbe senza dubbio al reparto R&D. Forma persone, in perdita, e le esporta all'estero. Un ottimo modello di fallimento. Questa cosa è stata capita dai nostri governi. Questo è ciò che sta facendo adeguare "L'INVOLUCRO" della nostra formazione alla formazione "anglosassone", per intenderci. Che forma meno "Benedetti Croce", ma più persone in grado di fare un raddrizzatore di corrente. Sono venuto a sapere (grazie a mio figlio) che i programmi di storia delle scuole elementari arrivano sì e no (sono sconvolto, e mi debbo riavere ancora) all'impero romano. Insomma, i nostri figli, di storia, avranno soltanto un tenue sospetto. Di conseguenza, la nostra formazione "umanistica" certamente si va a fare benedire. Ne parlo inorridito, ma convinto di essere un sicuro perdente.

6)L'Italia risulta abbastanza indietro nei cosiddetti "test PISA". La cosa si concilia male con il fatto che gli Italiani all'estero, generalmente parlando, lavorano molto bene e sono apprezzati. E' più probabile che il tipo di test non si incastri bene con la nostra metodologia d'insegnamento. E' questo un valido motivo per cambiarla? Non ho risposte in merito. Ho una grande preoccupazione. Le scuole anglosassoni (che con tutto il rispetto non prenderei mai a modello per la formazione di una persona) sono ORIENTATE per tradizione al lavoro. E' un lunghissimo "avviamento al lavoro", sono finalizzate, molto più di quanto non sia la scuola italiana, che, a detta dei ragazzi di Barbiana, peccherebbe di settorialità borghese. Sparti! (terronismo='per giunta'). I ragazzi di Barbiana sarebbero impazziti in una scuola americana, molto più settoriale della nostra.  Negli ultimi anni, con l'avvento della globalizzazione, le regole del gioco sembrano consistere in una competizione massacrante tra Stati ed economie. Occorre quindi che la formazione sia orientata in tal senso? Se sì, crolla miseramente il concetto di "scuola per l'individuo", che è e rimane (da perdente) il mio ideale di scuola, e si fa avanti con forza il concetto di "scuola finalizzata". La scuola non come formazione, ma come avviamento al lavoro. Inorridisco a parlarne, ma è quello che vedo. Con mio figlio che studia tantissime cose pratiche, tecnico-scientifiche, ma al quale viene chiesto pochissimo di riflettere ad esempio sul "significato dei termini", sul "fare il collegamento". Atomo e tomografia, hanno qualcosa in comune? Non importa. Tu devi sapere cos'è l'atomo e cos'è la tomografia. Insomma, "fermarsi a riflettere" è una perdita di tempo. L'importante è acquisire informazioni. Ripeto il concetto: a me vengono i brividi al pensiero che la scuola venga impostata così. Tutto concorre, negli ultimi anni, ad una "formazione tecnica", piuttosto che alla formazione dell'individuo. In tal senso, quanto scritto dai ragazzi di Barbiana non puzza più neanche di stantio. E' semplicemente preistoria. Non puzza più, è roba fossile.

 Alle mie domande non dovrebbero rispondere i docenti, ma proprio la politica. Siamo sicuri che vogliamo una formazione orientata al lavoro, piuttosto che all'individuo? Io continuo a sostenere di NO. Ma se la risposta è "SI'", e la politica vuole agire in tal senso, allora è fondamentale che la gestione dello Stato sia più basata su criteri aziendali, di efficienza e di performance. Per far questo, occorrerebbe che l'Italia si desse una mission nel mondo, come già detto (ad esempio, l'Arte, ad esempio la medicina, io continuo a sostenere stupidamente l'High Tech, per chiaro conflitto di interessi), ed indirizzare la scuola pesantemente in tal senso. Allo stato attuale delle cose, ci avviamo verso una scuola che vuole scimmiottare il modello anglosassone, andando a giocare nel campo avversario, ma SENZA AVERE una chiara visione di dove si vuole andare (esempio: Corea--> Hi tech). Rischiamo soltanto di svilire la nostra scuola, svuotandola di contenuti e di impostazione, verso una settorializzazione della quale noi stessi non siamo convinti. Se infatti formi delle persone per l'Hi Tech, e poi tutte le aziende Hi Tech sono in estremo oriente o negli USA, non stai facendo altro che dare GRATS 250 mila euro a persona (tanto costa la formazione negli anni) ai paesi tuoi competitor.

 Per concludere, occorre avere chiaro se l'Italia deve essere uno Stato competitivo, prendere atto delle regole della competizione, individuare la propria mission nel mondo, e focalizzarsi su questa ANCHE CON LE SCUOLE. In modo tale che, in quel settore ben preciso, l'Italia sia all'avanguardia. Io continuo ad avere terrore di un Paese che orienti le scuole verso il lavoro, come fanno gli Stati Uniti. Ma l'alternativa, vista la globalizzazione, sembra essere un modello in perdita, e cioè Italia come R&D per dare i migliori elementi agli altri Paesi. Morte sicura della Nazione.

Thursday, February 5, 2015

A che serve la scuola? I




Parto da un Link visto su facebook, che fa riferimento al famosissimo libro dei ragazzi della scuola di Barbiana. Io ho dei dubbi. Dubbi che vanno molto a monte, e che voglio "iniettare" a mo' di veleno (in piccolissime dosi) nella classe dirigente scolastica. Cercherò di esporli per gradi.

1)SE (è un dubbio anche questo) uno Stato fosse gestito come un'azienda, le aziende migliori sarebbero quelle che più investono in Ricerca e Sviluppo, comunemente detta R&D (dall'Inglese Research & Development). In tutte le aziende, l'R&D è un dipartimento che per definizione è un passivo di bilancio. Ed in tutte le aziende buone, è un passivo molto consistente. E' il passivo che si trasformerà in attivo per l'azienda, a distanza di anni. SE uno Stato fosse un'azienda, quale sarebbe l'R&D? Ora tutti pronti a dire: "L'Università, la Ricerca Scientifica e Tecnologica". Ma non è così. L'R&D più spinta, per uno Stato, è la scuola. Ed è tanto più R&D quanto più si va indietro con la Scuola. L'R&D più pura, per lo Stato, sono gli asili, poi le scuole elementari, le medie, le secondarie, ed infine l'Università, che però non è tutta in passivo, e può gestire bilanci con voci in attivo. Quindi l'R&D pura di uno Stato è LA SCUOLA.

 2)SE uno Stato fosse gestito come azienda, occorrerebbe dargli una missione: io posso dare al mondo questo, mi focalizzo su questo, e su questo investo in R&D. E metto fior di soldoni. Per essere espliciti, MILIARDI DI EURO per l'R&D, per la SCUOLA. Facciamo un esempio molto pratico: la Corea, modello di Stato che più si avvicina ad un'azienda, si è data come missione quella di dare al mondo TECNOLOGIA all'avanguardia. Per far questo, ha investito una quantità smisurata di soldi in R&D (SCUOLA), focalizzata agli aspetti tecnici. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un paese di 40 milioni di anime che massacra l'Italia, la Francia, la "crante Cermania" su tutti gli indicatori, economici e scolastici. Sono i migliori al mondo, per quello che devono fare. Gli USA li superano solo perché hanno risorse sterminate, ma non c'è dubbio che in termini di efficienza su PIL, la Corea è impressionante. Ne ho già scritto in un post precedente.

 3)Veniamo alla scuola Italiana. L'obiezione per cui la scuola italiana non è un mezzo molto efficiente di scalata sociale non convince.
      3-1. Non lo è perché non lo è mai stata? O non lo è perché non lo è più? Se si leggono gli scritti dei ragazzi di Don Milani, non lo è mai stata perché è sempre stata "borghese". Di conseguenza sarebbe un male atavico. Tuttavia, ammesso e concesso che Don Milani avesse ragione, la stessa scuola borghese ha funzionato, per una "performance" italiana che dagli anni 50 agli anni 70 ha avuto un rendimento straordinario. Se quindi non lo è mai stata, in passato ha funzionato per il bene del Paese e, di riflesso, del tenore di vita medio anche dei contadini che, a detta dell'impostazione "Don Milani", erano scartati dalla scuola. Se invece non lo è perché non lo è più, questo è un problema del Paese intero in agonia. Nel momento in cui il paese è in agonia, è normale (ed altrettanto sbagliato) che ognuno cerchi di preservare il proprio orticello, e che questo riesca meglio a chi sta ai piani alti. La conseguenza è un'accentuazione delle disparità sociali ed il blocco della scala sociale. La scuola di questo non è colpevole, e non è neanche troppo impattata, rispetto ad altre realtà lavorative.
     3-2. Non convince in sé l'impostazione "Don Milani". Se io devo sviluppare la maturità e le capacità logiche dell'individuo ADATTANDO L'INSEGNAMENTO all'ambiente da cui l'individuo proviene, non favorisco la scalata sociale ma semplicemente pongo le basi perché l'individuo sappia fare meglio ciò che è sempre stato: un contadino migliore, un operaio migliore, un minatore migliore. Un'impostazione di questo genere afferma: "Ok, mi faccio carico io -scuola- di quello che sei e ti aiuto ad esserlo meglio." Per me quest'impostazione, che nasce con le migliori intenzioni sulla carta, rischia di essere molto più classista dell'impostazione attuale, che sarà ottusa e borghese, ma ha il merito -probabilmente inconsapevole- di fare "scontrare" i ragazzi non borghesi con una realtà più complessa. Non credo che vi sia la ricetta ideale per "la crescita dell'individuo". Ma questa scuola borghese dà una via, forse sommaria, forse sbrigativa, per introdurre i bambini non borghesi alle realtà più complesse. In definitiva, la scuola borghese butta i bambini non borghesi in piscina e dice loro: "adesso nuota".
     3-3. Discorso diverso (ma è quello che giustamente viene sottolineato nella risposta finale della "lettera ad una professoressa") se i professori sono ottusi e non capiscono la diversità della provenienza dei bambini. Umiliarli con la loro ottusità è criminoso. Ma quei bambini contadini, alla fine DEVONO essere portati a calcolare il volume della semisfera su una vasca semicilindrica, come tutti gli altri. IL METODO è a discrezione e disposizione dell'intelligenza (o ahimè della stupidaggine) dei professori. Ma il risultato deve essere quello di alzare il livello minimo. Non va bene dire: "E' contadino, deve sapere bene come si coltivano le arance e fare solo i conti della portata d'acqua necessaria, perché del volume della semisfera non se ne farà mai nulla".

 4)Checché se ne dica, e per quanto male se ne parli, la scuola "borghese" è la scuola della classe sociale più dinamica ed intraprendente di qualsiasi società. E' la scuola della classe degli arrampicatori sociali, i "borghesi", appunto, quelli che a Catania, in modo spregiativo, vengono chiamati "arripudduti", gli "arricchiti", che rimangono sempre delle persone rozze nei modi. Ma gli arripudduti sono i genitori di coloro che raffineranno i modi, insomma, quelli che il salto sociale lo faranno. La scuola borghese è una scuola settaria, limitata e con i paraocchi negli obiettivi? Senza dubbio, ma è un benchmark, e difficilmente riesco a trovare migliorie radicali. E comunque non vanno nel senso indicato da Don Milani, che per "valorizzare" la sua proposta si rivolge ad un'ipotetica professoressa piuttosto idiota. Ma l'idiozia è un fenomeno trasversale a tutta la società. Anzi probabilmente ne risultano più "nascosti" proprio i non borghesi, perché gli idioti vengono confusi con gli "incivili ed ignoranti". Mentre un professore idiota, purtroppo, lo si riconosce dopo due minuti di lezione.
                        (...continua...)

Wednesday, February 4, 2015

STORIELLA EBRAICA




Un giorno un professore di Fisica mi raccontò questa storiella ebraica.
Una famiglia era triste, tristissima, i figli erano scontenti, la moglie era scontenta, e non riuscivano a capire perché. Il padre va quindi dal rabbino e gli dice "Rabbino, noi siamo sempre tristi, siamo sempre nervosi. Ci trattiamo male gli uni con gli altri, litighiamo con i vicini...che possiamo fare?" Ed il rabbino dà il suo consiglio: "E' semplice. Per guarire da questo stato dovete mettervi una capra in casa per 15 giorni e non muoverla mai da casa."
Il padre fa come gli aveva detto il Rabbino. Porta la capra in casa e la lega in cucina, tra l'incredulità dei membri della famiglia. "E' solo per 15 giorni. Me lo ha detto il Rabbino". Ovviamente, tra i bisogni fisiologici, più l'odore naturale della capra, la casa viene infestata da una puzza nauseabonda. I membri della famiglia non ne possono più ed al decimo giorno obbligano il padre a togliere quella capra da casa. Il padre dice: "Un attimo, fatemi andare dal rabbino". Va dal rabbino e gli dice disperato "Rabbino, lei mi ha dato un consiglio, ma ha peggiorato la situazione. La mia famiglia è peggiorata: abbiamo tutti i nervi a fior di pelle...". Ed il Rabbino: "Ora togliete la capra". Il giorno dopo, il Rabbino incontra il padre di famiglia e gli dice: "Come va?" "Adesso che abbiamo tolto la capra siamo tutti felici."

E' bello vedere dopo 20 e passa anni gente come Scalfari, Mauro, Finocchiaro, Vendola, Bersani, e compagnia blaterando, insomma, i sinistri che sparavano a zero sulla DC, adesso tessere le lodi sperticate, felici di aver eletto Sergio Mattarella. Certo, abbiamo avuto una capra arcoriana per 20 anni, ma prima i comunisti sparavano a zero arrabbiatissimi contro i nemici del popolo, adesso sono felici per avere un Presidente della Repubblica democristiano.
E se sono felici i sinistri, siamo felici tutti!

Tuesday, February 3, 2015

Mario Capanna ed il nonno Franco.





Domenica ho visto una dichiarazione pubblica di Mario Capanna.
Per i più giovani che ignorassero chi sia questo signore, è un comunista, ex segretario di PDUP (Partito Democratico Unità Proletaria, ex segretario DP (Democrazia Proletaria), ex sessantottino, di quelli "alla Flaiano", perché se l'è sempre potuto permettere. E, da comunista che se l'è sempre potuto permettere, ha diritto a due vitalizi. Nulla di strano.
Non ho mai avuto stima di Capanna. Non perché comunista, ma perché l'ho sempre ritenuto un infido e sinistro doppiogiochista. Lo dobbiamo a gente come lui se è montato un '68 devastante che ha prodotto tantissimi caproni a forma di studenti, i quali chiedevano il "18 politico" all'esame di gruppo, o il "66 politico" alla laurea. Ma la cosa inquietante di Capanna, è che mentre i pecoroni belavano nelle piazze, lui studiava, studiava eccome, perché chi vuole essere leader VERO deve studiare seriamente. Famosa fu la sua relazione in Latino al Parlamento europeo. Insomma, un sinistro che sinistramente sfruttava "le masse" (entità indistinta e per lo più malleabile a piacimento) ma tenendosene ben al di sopra.
E, devo dire, non è stato sorprendente che la dichiarazione di ieri difendesse a spada tratta il suo vitalizio (doppio). E' una questione di principio, dice Capanna, perché se lo tolgono a me, lo possono togliere a tanti pensionati poveri, perché cade ogni forma di "diritto acquisito".
Commovente. Prima di continuare devo asciugare le mie lacrime.

Incidentalmente, nella trasmissione di ieri (l'Arena di Giletti) c'era un ex consigliere regionale del Veneto (stavolta, di destra), il quale, sostanzialmente, si incanalava nel solco della tradizione giurisprudenziale più bieca e ottusa. "Il diritto acquisito".

Potrei ripetere il pistolotto sul "diritto acquisito" già da me discusso in un post precedente. Lo eviterò.

A questi signori dai diritti vitalizi acquisiti, voglio contrapporre una figura insignificante ai più, ma non a me. Mio nonno Franco. Sottufficiale della Regia Marina, tra i mille superstiti (racconterò quello che mi raccontò in proposito, quello che ricordo) dell'affondamento della corazzata Roma, nel '43. Non aveva il mio Dottorato di Ricerca, non era laureato, e neanche diplomato. Studiò quello che fu necessario per passare ufficiale. Io mi ricordo, da bambino, gli ultimi anni del suo lavoro prima della pensione, da Tenente di Vascello, al Distaccamento Militare di Cava di Sorciaro, vicino Siracusa. Le persone come lui, che hanno fatto crescere l'Italia, non capivano molto di diritti acquisiti, ma insegnavano i doveri acquisiti. Essendo lui Capitano (titolo equivalente al Tenente di Vascello nell'Esercito), ed essendo il responsabile di un bel po' di Marinai ed Ufficiali di grado inferiore, aveva un modo semplice di interpretare il suo ruolo: "Io dovevo essere il primo ad entrare e l'ultimo ad uscire." Era un suo DOVERE ACQUISITO. Da Tenente di Vascello, non da Ammiraglio di Squadra.
A tutti questi "parassiti dei vitalizi" che alzano il "non possumus" della giurisprudenza, dico semplicemente una cosa. La giurisprudenza sancirà pure che voi avete ragione, e probabilmente l'ultima cosa che sancirà è il fallimento giuridico dell'Italia. Probabilmente, il diritto internazionale a cui vi appellate sa anche trattare il fallimento degli Stati Nazionali, sotto il peso di tutti i diritti acquisiti accumulati da gente come voi. Tuttavia, non posso non notare che l'Italia, da paese distrutto dal fascismo, è diventato un grande paese grazie al lavoro di uomini come mio nonno Franco, gli uomini dei DOVERI ACQUISITI, ed è ripiombato nel fango grazie a persone come voi, ominicchi dei DIRITTI ACQUISITI.
Chissà se nel chiuso delle vostre stanze, al buio, anche lontano dalle vostre mogli (o mariti) o compagne (compagni) avrete uno spazio per un po' di vergogna, o siete veramente convinti fino in fondo delle fesserie indegne -tanto più in questo periodo- che dite sui vostri "diritti acquisiti". Chissà...