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Tuesday, May 1, 2018

Donne discriminate al lavoro? Botta e risposta.



http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13300926/vittorio-feltri-donne-soldi-stipendio-retribuzione-lavoro.html

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/28/donne-se-fate-figli-e-un-problema-vostro-ed-e-giusto-che-vi-sottopaghino/4118468/

Interessante botta e risposta tra Feltri e questa Elisabetta Ambrosi del "Fatto", che non conosco.
Feltri, con il solito tono, che ormai ambisce a superare la parodia che Crozza fa di lui, in realtà dice ciò che io ho vissuto in 20 anni di esperienza nel mondo del lavoro. Quando sono entrato nel gruppo di R&D di Catania, il manager (milanese) non faceva distinzioni di sorta tra uomini e donne. E ricordo che, neoassunto, le persone di riferimento erano 5-6; tre di queste erano donne. Un paio di queste erano autentiche macchine da guerra. C'erano persone determinate e brave, esattamente come i colleghi maschi. Di queste tre, una per motivi suoi personali (insoddisfazione lavorativa) ha trovato lavoro in Francia, un'altra al CNR, una terza entrò in maternità. E nel periodo in cui questa persona entrò in maternità, altri (maschi) presero piede all'interno del gruppo. Conseguenza, a 5 anni dalla mia assunzione, i primi livelli del dirigente erano 5 maschi. E non è stata fatta alcuna discriminazione. Semplicemente, sono andati avanti i più bravi che non si sono mai fermati. L'osservazione secondo cui la donna non grava sull'azienda durante la maternità non regge. Non è quello il punto. Il punto sottolineato da Feltri è un altro. E' che entrando nel mondo del lavoro non si entra in una confraternita di beneficienza, ma in una corsa, che può essere i 100 metri, può essere una maratona, che non dura 42 km, ma 42 anni. Se una donna si ferma in due, tre, quattro anni, gli altri vanno avanti e la maternità confligge con le regole della competizione.
Poi c'è un altro aspetto, che sottolinea la giornalista del "fatto". Che l'Italia è tra i peggiori (ovviamente tra i Paesi più evoluti) nella discriminazione femminile. Io non sono un sociologo, posso solo portare la mia esperienza lavorativa, e suggerire una chiave di lettura. Che è la seguente. La discriminazione femminile è tanto più evidente quanto più STATICA è la realtà lavorativa. Quando ero in Micron, responsabile di gruppo, ho potuto far approvare due passaggi di livello ed un aumento. Due passaggi di livello a donne, l'aumento ad un uomo. Tutti strameritati. Ma ho avuto l'opportunità di distribuire (relativamente) molti aumenti per merito. In una realtà gestita da Americani. Molto dinamica. Talmente dinamica che siamo stati licenziati. Ma nelle regole del lavoro italiane, quelle che non licenziano se non in casi di truffa acclarata, gli aumenti di stipendio sono enormemente più limitati. Le regole sono molto più rigide, e quando un dirigente può dare non UN AUMENTO SU 3, ma UN AUMENTO SU 20, la maternità ed il part time costituiscono elementi fortissimi di esclusione. Element inattaccabili. Se io do un aumento su 20, la persona selezionata non deve avere avuto neanche un raffreddore, durante l'anno, oltre ad essere un lavoratore inappuntabile. Altro che maternità. Nessun certificato medico per malattia. 
In altre parole, anche se con toni orridi ("matrone che sfornano figli" è un'espressione che fa veramente ribrezzo) Feltri non fa altro che fotografare la realtà, così per com'è. Inoltre, la separazione tra uomini e donne in Italia è ancor più evidente perché la competizione di cui si parla non è altro che una corsetta di 100 metri in condizioni ideali, con pista controllatissima e tutto sicuro. In posti come gli USA dove la competizione non è una gara di 100 metri, ma una caccia al tesoro tra scorpioni, vedove nere e spine velenose, le variabili sono molte di più e quell'handicap che ha la donna si nota di meno.