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Tuesday, April 15, 2014

LA MICROELETTRONICA ITALIANA : -1- QUESTIONE DI VILTA`

Il #casomicron, che visto dall'interno -essendo io pienamente coinvolto- e` un dramma sociale, visto dall'esterno e` un salutare campanello d'allarme che dovrebbe consentire di "registrare" l'azione politica volta allo sviluppo economico.
Il modo pilatesco con cui e` stato trattato, come se fosse uno qualunque dei 160 tavoli di vertenza dello sviluppo economico, rivela tutta l'ottusita` di una classe dirigente (politici e funzionari di ministero) che fa veramente presagire il peggio per l'Italia.

Da tempo continuo a ripetere, totalmente inascoltato, che basterebbe vedere il fatturato complessivo delle aziende che operano nel nostro settore (parliamo di centinaia di miliardi di dollari l'anno) per capire che non siamo "uno dei 160 casi". Siamo uno dei casi in cui noi tecnici possiamo -se messi in condizione- generare miliardi. Cosa occorrerebbe?

Occorrerebbero due cose, che mancano totalmente all'orizzonte italiano:

1)Vedere che cosa, in prospettiva, tra 5-6 anni garantira` dei fatturati di decine di miliardi di dollari l'anno, E L'EUROPA CON H2020 HA MESSO TUTTI I SOLDI NECESSARI A DISPOSIZIONE!

2)Avere fiducia che le persone coinvolte (cioe`, tutti i lavoratori della Microelettronica in Italia, Agrate, Arzano, Avezzano, Catania, di ST, di Micron, di Lfoundry) SAPPIANO COGLIERE LA SFIDA/OPPORTUNITA`.

Ora, parlando con i miei colleghi, di Catania e di Agrate, ho una sensazione abbastanza chiara: e` diffusa l'idea che manca il punto 1) in Italia. Cioe`, in sostanza, manca l'idea, il grande progetto che possa far fare all'Italia il salto di qualita`. Non c'e` NULLA che l'Italia ed i suoi ingegneri possano fare, che garantisca un ritorno economico in 5-6 anni pari agli investimenti necessari (parliamo di investimenti dell'ordine dei miliardi di dollari).

Fossimo un individuo, ci definiremmo "depressi".

Io voglio smontare questa affermazione. Il problema non e` che manca il progetto. Non e` il punto 1), ma e` il punto 2) Manca la fiducia nel nostro valore, nella nostra capacita` di realizzare grandi progetti. C'e` una sensazione -TUTTA ITALIANA- che non si possa correre il rischio di bruciare decine di miliardi di dollari in un progetto ben preciso, e che poi si riveli un fallimento.

E, con questa paura di rischiare, tipica di noi Italiani, quando agiamo vogliamo avere le spalle coperte, top manager (con le loro buonuscite QUALSIASI SIANO I RISULTATI) e lavoratori (con le loro tutele sindacali CHE COPRONO VERGOGNOSAMENTE LE PERFORMANCES INDIVIDUALI). Insomma, in Italia, a tutti i livelli, si ha paura della navigazione in mare aperto.

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